Nuovi trattati di Roma: cosa cambia?
Dopo la giornata del 25 marzo, molti si sono chiesti cosa cambierà con la firma dei nuovi trattati di Roma. La risposta si trova leggendo il testo dei nuovi trattati di Roma. L’orizzonte che i 27 leader si sono dati è da qui a dieci anni. Dobbiamo immaginarci, quindi, che tutti i propositi che i 27 Paesi dell’Unione Europea si sono posti saranno raggiunti nel 2027. Sicurezza, prosperità, competitività, sostenibilità, e un concetto estraneo ai più definito responsabilità sociale.
Sulla sicurezza dell’Unione Europea i nuovi trattati di Roma sono chiari: la UE deve dare la tranquillità a tutti i propri cittadini di muoversi liberamente. I suoi confini esterni devono essere protetti. Qui la mente, e il testo, vanno subito ai barconi che attraversano il Mediterraneo. “Una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali”, si legge nel trattato. L’accostamento tra migranti e sicurezza, come se le due cose fossero causa e conseguenza l’una dell’altra, è un punto ambiguo dei nuovi trattati di Roma, che continuano citando il discorso terrorismo e criminalità organizzata. Sia la logica che la cronaca ci suggeriscono che la questione migratoria e il terrorismo non siano argomenti strettamente legati tra di loro. Siamo così sicuri che il confine più caldo sia quello meridionale e non quello orientale?
Un’Unione prospera e sostenibile. Felici che le questioni economiche e finanziarie non siano più il primo punto all’ordine del giorno dell’Unione Europea. Ci sono voluti gli innumerevoli attentati per arrivarci. Ma è comunque il secondo punto dei nuovi trattati di Roma. Crescita ed occupazione, una moneta unica più forte e stabile,,un mercato che sia in espansione. L’energia, che sia sicura, conveniente e sostenibile. Però continuiamo a dipendere dal gas naturale russo, dal petrolio e dal nucleare.
Un’Europa sociale, che abbatta le discriminazioni di genere e favorisca la parità tra uomini e donne sul mercato del lavoro. Tenere conto delle “diversità dei sistemi nazionali” pur difendendo l’integrità del mercato interno. Compito arduo quando la disparità dei salari e delle tipologie di contratto sono tanto profonde da un Paese membro all’altro. C’è spazio anche per i giovani nei nuovi trattati di Roma. Giovani che dovranno ricevere l’istruzione e la formazione migliori e che possano trovare lavoro in tutto il continente. Purtroppo non esiste un organo politico europeo abbastanza forte e stabile da legiferare su questi argomenti. Non è un caso che solo i programmi Erasmus siano lo strumento non economico che funziona, visto che gli interlocutori sono le università.
Infine si auspica che da qui a dieci anni l’Unione Europea sia più forte sulla scena mondiale. Questo è il punto su cui i nuovi trattati di Roma si soffermano di più. Intanto bisogna promuovere e difendere la prosperità dei vicini a sud e a est dell’Unione. “Un’Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un’industria della difesa più competitiva e integrata; un’Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico”. In sostanza l’Europa ha paura e si difende. I pericoli, lo dice il trattato stesso, vengono da sud (quindi i migranti sono percepiti effettivamente come pericolo) e da est, dove l’instabilità politica e la Russia di Putin costituiscono, secondo i leader dell’Unione, una minaccia, tanto da richiedere la creazione di un’industria della difesa comune.
Questi, in buona sostanza, sono i punti dei nuovi trattati di Roma. Torniamo quindi alla nostra domanda iniziale. Cosa cambia oggi, dopo sessant’anni dalla fondazione della CEE e della CEA? Se si legge il testo, si direbbe che cambia poco o niente. Alcuni propositi sono nobili e lodevoli ma non sono sostenuti dalla realtà e dalla composizione stessa dell’Unione Europea che è sempre più percepita come un ostacolo alle politiche nazionali. Altri punti sembrano allarmistici e pericolosi, distanti da quella logica di pace e fratellanza che ha mosso i padri fondatori della UE. Da Nazione delle Nazioni, creata per intraprendere la via della pace tra i popoli europei, l’Unione Europea vuole farsi fortino. Si chiude su se stessa, orgogliosa degli scarsi risultati ottenuti nonostante le proprie potenzialità. Sessant’anni senza guerre fratricide sembrano un risultato più che sufficiente per i nostri leader che ora puntano a difendere questa pace artificiale da presunti o presupposti nemici esterni. Un classico. Poco importa se da questa pace e da questa Unione si stacca un pezzo ogni tanto. Poco importano le profonde diversità percepite che ancora ci dividono. Se la pace e la stabilità interna sono così forti e profonde, perché si alzano muri alle frontiere o si sospendono i trattati su cui tale pace si fonda in nome di una illusoria sicurezza nazionale? Siamo davvero così sicuri della nostra casa e della nostra pace da pensare di doverla difendere più che coltivarla e lavorare per renderla più solida?
Se davvero si vuole trovare un cambiamento tra la firma del 1957 e i nuovi trattati di Roma, non va certo cercato nel testo. Questo non può essere l’unica cartina tornasole del cambiamento avvenuto in sessant’anni. Qual è lo stato di salute dell’Unione Europea? Forse bisogna ampliare un po’ lo sguardo. Alzare la testa dai fogli delle firme e guardare fuori dalla finestra del Palazzo Capitolino. Una Roma blindata, due zone di sicurezza e sette manifestazioni tutte, per ragioni profondamente diverse, contro questa Unione. L’evento si svolge in un palazzo gremito di giornalisti e personalità politiche ma fuori è il deserto. Fuori dal Campidoglio, per centinaia di metri in tutte le direzioni, le uniche persone che si possono incontrare sono in divisa e armate fino ai denti, pronte a fronteggiare i terroristi o i pericolosi black bloc. Se alziamo un attimo la testa dal foglio e ci guardiamo intorno, non tutte le persone presenti sono felici e contente. Ad iniziare dalla padrona di casa e sindaco di Roma, esponente di uno dei partiti Euroscettici con più seguito in Europa, nonché secondo (o forse primo) partito d’Italia. Ma anche gli altri ospiti non sono certo da meno, i partiti euroscettici avanzano un po’ ovunque: chi per un motivo o chi per l’altro mettono in seria discussione la natura stessa dell’Unione Europea. Questo è il cambiamento reale. Sessant’anni fa nasceva una neonata idea di Nazione continentale, una nascita che aveva visto la propria fecondazione un secolo prima. Ora stiamo assistendo alla tentativo di rinnovamento di un organismo già vecchio e in fase calante. È come assistere alla cerimonia per i 50 anni di matrimonio di due anziani sposi: è tutto molto bello e commovente ma dentro di sé tutti sanno che durerà poco.
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