Uber ha depistato le indagini con Greyball
Uber ha depistato le indagini e continua a farlo, questa volta l’accusa alla ‘fortunata’ app viene da Mike Isaac che sul New York Times punta il dito contro il colosso californiano. In alcuni Paesi in cui è illegale, Uber usa un escamotage tecnologico per eludere i controlli. Greyball è il nome dell’iniziativa approvata dalla squadra legale della società di Travis Kalanick.
Quando Uber approda in un nuovo paese, gli autisti, i cittadini e i turisti cominciano a utilizzarla, mentre le autorità monitorano le corse e, quando è necessario, fermano le vetture. Uber, spiega l’articolo sul giornale newyorkese, di contro nomina un responsabile del programma Greyball che ha il compito — potendo contare su strumenti tecnologici — di individuare gli account delle autorità che controllano e indirizzarli a una versione della mappa dell’app creata ad hoc. Invece di vedere le icone delle auto Uber che circolano, questi account visualizzano vetture fantasma e non sono più in grado di intervenire. In questo modo Uber ha depistato le indagini. I profili sono individuati a partire dai comportamenti di chi usa l’app nelle zone vicine agli uffici delle autorità, analizzando i dati delle carte di credito e incrociandoli con le informazioni online e sui social network. L’utilizzo improprio delle informazioni dei clienti si è già verificato due anni fa, in occasione delle indagini sugli spostamenti dei giornalisti scomodi.
Uber ha dichiarato al Times che Greyball, attivato nel 2014 all’interno dell’ operazione «Violation of terms of service», nasce per negare le richieste a chi viola i termini di servizio (riferendosi agli inseguimenti e ai pestaggi effettivamente subiti da parte dei conducenti dell’app). Nell’ultimo periodo il colosso ha dovuto affrontare numerose polemiche per la vicinanza di Travis Kalanick a Donald Trump, come consigliere economico; ma anche quelle scatenate dalle accuse di molestie subite — e impunite — in azienda di una ex dipendente.
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