Romeo e Giulietta al Teatro Eliseo, una romantica tragedia pop
Il Teatro Eliseo ha deciso di celebrare San Valentino con la più romantica delle tragedie, l’opera di Shakespeare più rappresentata di tutti i tempi che, dopo oltre quattro secoli dalla sua stesura, resta un testo immortale e universale, perfettamente attuale in ogni epoca e in ogni dove. Proprio per la sua atemporalità Romeo e Giulietta si presta a molteplici letture e adattamenti che di volta in volta fanno emergere diverse sfumature psicologiche dei protagonisti, danno rilievo a uno o a quel personaggio, o ancora, ne cambiano l’epilogo. La moderna versione del regista Andrea Baracco in scena al Teatro Eliseo fino al prossimo 5 marzo, si mantiene in bilico tra la fedeltà all’originale e una spiazzante traslazione nella contemporaneità, restituendoci una tragedia estremamente dinamica dai lineamenti pop e vagamente punk. Per farlo Baracco sceglie tre attori d’eccezione come Lucia Lavia per il ruolo di Giulietta, Antonio Folletto per quello di Romeo e il magnetico Alessandro Preziosi per interpretare un affascinante e ambiguo Mercuzio.
La storia è quella che tutti conosciamo: i due giovani Romeo e Giulietta appartengono a due casate borghesi in storica rivalità, ma ad una festa in maschera si innamorano perdutamente l’uno dell’altra. L’odio tra le famiglie porta ad una faida senza quartiere con l’omicidio prima di Mercuzio e poi di Tebaldo per mano dello stesso Romeo, che per questo viene bandito ed esiliato a Monza, mentre Giulietta viene promessa in sposa a Paride, che lei non ama, ma anzi, verso il quale prova profonda repulsione. L’amore tra i due giovani è però talmente grande che pur di stare insieme sono disposti a tutto, così, grazie all’aiuto di Frate Lorenzo, inscenano la morte di Giulietta per evitare le nozze imposte dal padre e fuggire insieme, ma come si sa, il loro piano finirà in tragedia. Per rappresentare sul palcoscenico la divisione, fisica e simbolica, dei Capuleti e dei Montecchi, Baracco costruisce due grandi strutture in ferro e plexiglass in cui le famiglie abitano e agiscono. I nomi delle rispettive casate vengono scritte all’inizio dello spettacolo sulle superfici trasparenti con un pennarello rosso in pieno stile street art, così da rendere sin da subito l’aura “dissacrante” della messinscena e ancora più chiara e netta la collocazione spaziale delle due famiglie. Sul sottofondo della bellissima e malinconica “Amore che vieni, amore che vai” i personaggi si muovono con vivacità, travolti dai pregnanti sentimenti di amore, amicizia e odio. A Mercuzio è restituita tutta la sua importanza, tanto che l’impetuosa interpretazione di Alessandro Preziosi, perfetto nel suo ruolo di folle estroso, rischia di mettere in ombra i protagonisti principali, se non fosse che anche Antonio Folletto è esuberante e convincente nel suo ruolo e Lucia Lavia rende un personaggio di grande profondità emotiva.
Tutto è così spontaneo e vivace che se non si conoscessero già i solenni versi del Bardo, ancor più nobili e raffinati nella traduzione di Salvatore Quasimodo, sembrerebbe di assistere ad una vicenda appena accaduta. Le note di De André, il ritmo martellante da discoteca alla festa dei Capuleti, i costumi punk e alcuni intercalare nei dialoghi tipici del linguaggio parlato e assolutamente “giovanili”, ne fanno uno spettacolo dei giorni nostri che sì, si distacca dalla tradizione, ma non ne snatura il senso. Tuttavia ciò che rende questa versione davvero memorabile è la libertà che il regista si concede per il finale: nella versione originale i due giovani amanti non si incontrano mai vivi nell’ultima scena, mentre qui, appena dopo che Romeo ha bevuto il suo veleno, Giulietta si sveglia, i loro sguardi si incrociano stupiti e increduli per quello che sta per accadere. Brividi. Hanno il tempo di accendersi e fumare un’ultima sigaretta prima che la morte li porti inesorabilmente via, si guardano ancora, con dolore e malinconia stavolta, Romeo si stende e Giulietta si sferra quell’ultima, secca, disperata, decisiva, pugnalata al petto.
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