Il Giorno del ricordo: “rendere omaggio e testimonianza a chi ha sofferto”

Sono trascorsi tredici anni da quando l’Italia ha introdotto il Giorno del ricordo affinché le foibe, l’esodo dei Giuliano-Dalmati e le stragi accadute fra il 1943 e il 1947 non vengano dimenticate. Per quasi sessant’anni, questo tragico capitolo di storia contemporanea, è stato avvolto dal silenzio e intrappolato come quelle migliaia di persone nelle voragini in cui conobbero la morte. Ma negli anni Novanta, qualcosa scuote la classe politica italiana – che improvvisamente comincia a parlare delle foibe e dell’esodo – tale da istituire nel 2004, con una legge, il Giorno del ricordo: “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Il deputato Gian Luigi Gigli (gruppo parlamentare Democrazia Solidale-Centro Democratico) ha affermato che è necessario “ricordare e respingere ogni suggestione negazionista per rendere omaggio e testimonianza a chi ha sofferto, a chi fu oltraggiato allora perfino arrivando da esule in Italia da quelli che anteponevano all’ideale di patria l’ideologia del partito”. Negazionismo sì, perché la presenza alla Camera di Alessandra Kersevan – considerata la regina dei negazionisti in materia di foibe – nel Giorno del ricordo sta facendo discutere e scatenare dibattiti nella classe politica. Soltanto un anno fa in un’intervista rilasciata a libera.tv, Kersevan disse che la giornata del ricordo delle foibe  viene strumentalmente utilizzata per cancellare dalla memoria collettiva la brutale politica di italianizzazione forzata attuata dallo Stato italiano dopo la prima guerra mondiale e che il mito degli ‘italiani brava gente’ vive ancora perché nella coscienza collettiva italiana è stato rimosso il fatto che fu l’Italia ad aggredire ed invadere la Jugoslavia commettendo immani crimini di guerra. Sono questi i motivi per cui leghisti e democratici ritengono che dare la parola ad Alessandra Kersevan – in un momento commemorativo – sia un vero oltraggio nonché un’azione vergognosa.

Prima dell’istituzione del Giorno del ricordo, la memoria stava procedendo nella direzione della dimenticanza. Ora che è stata recuperata, è un dovere morale proteggerla e raccontarla affinché le vittime non siano tali per una seconda volta.

 

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