Isaiah Thomas: da ragazzo delle pizze a superstar NBA

Isaiah ThomasISAIAH THOMAS CHI? – Questa storia inizia il 23 giugno del 2011. Siamo a Newark, nel New Jersey. È il giorno del draft, ma tutti i più forti sono già stati abbondantemente chiamati. Le telecamere sono spente da tempo, molti cappellini e molte foto sono già state fatte. Kyrie Irving è la prima scelta assoluta. Giocatore stratosferico, di nuovo una prima scelta a Cleveland, gran colpo di fortuna, chissà se in futuro si potrebbe convincere un certo LeBron a tornare a casa, chissà. Ma quella è un’altra storia. Poi tocca ad altri. Un certo Klay Thompson, uno che da lì a qualche anno formerà una delle coppie di tiratori più forti dell’intera storia di questo gioco. Chiamano anche un certo Leonard, uno non eccezionale, grandi attitudini al lavoro ma pochi punti nelle mani. Chissà cosa ci avrà visto Popovich in questo ragazzo. Già, chissà. Semplicemente il miglior difensore NBA per una decina di anni, semplicemente. Alla fine del primo giro, a Chicago chiamano un certo Butler, un altro difensore mica da ridere.

LE ULTIME CHIAMATE DEL DRAFT – Le chiamate passano. Quaranta, cinquanta. Cresce l’ansia di non essere draftati, di finire fuori dai 60 eletti scelti annualmente dalle 30 franchigie NBA. Cinquantotto, cinquantanove. Ecco pensi, è finita. Dove vuoi andare con i tuoi 80 kg spalmati su 175 cm? Sei poco più di un nano, uno forse buono per portare la palla avanti e passarla. Uno che a questo gioco può giocare, per carità, ma non può certo dominarlo, non scherziamo. Sei come Taz, il diavolo della Tazmania contro i Monstars di Space Jam. Sei quello che sei, tanta energia, ma un bambino rispetto a degli omoni grandi e grossi. La tua occasione però arriva. Isaiah Thomas da Washington, ex Huskies, viene scelto con la numero sessanta dai Sacramento Kings, dopo gente discutibile come Bismack Biyombo e Tyler Honeycutt. Sei l’ultimo e starà a te, solamente a te, dimostrare che non lo sei davvero.

Isaiah Thomas PizzaPIZZA GUY – La prima stagione, in California, non è male. I tifosi lo chiamano “Pizza guy” per uno spot pubblicitario girato per uno degli sponsor della squadra. Certo, non il massimo, ma almeno hai la tua occasione. I numeri dicono 11,5 punti di media a partita e, dopo la pausa per l’all star game, l’ingresso stabile in quintetto, dove arriva a giocare 37 gare da titolare. La produzione punti lievita fino a 14,8 punti con 5,4 assist. A marzo e aprile i primi due riconoscimenti, doppio premio di matricola del mese, prima volta per un giocatore scelto con la numero sessanta. A fine stagione arriva l’inserimento nel all-rookie second team. Passerà altre due stagioni in California prima di una non fortunatissima parentesi a Phoenix, dove, qualche problema fisico ne limiterà le prestazioni.

ONE MAN SHOW – Siamo più o meno a metà Febbraio 2015. I Celtics navigano in acque agitate. Il ruolino dice 20 vittorie e 30 sconfitte. Il GM, Danny Ainge, si rende conto che serve qualcosa per migliorare la squadra. Si cerca un realizzatore, uno in grado di alzarsi dalla panchina e portare punti ed energia. C’è un piccoletto, a Phoenix, uno che ha avuto qualche problema fisico, che non sarà altissimo, ma energia quanta ne vuoi. D’accordo, proviamo, facciamo questa scommessa. Via Marcus Thornton e una scelta protetta, dentro Isaiah Thomas. Tre giorni dopo, alzandosi dalla panchina, il piccolo Thomas dice 21 punti e 5 rimbalzi. Ragazzi, abbiamo trovato il nostro sesto uomo. Boston chiude la stagione 40-42, arrivando quasi a ottenere il 50% di vittorie. Impresa. Nei playoff però è una mattanza. 0-4 contro i Cavs di quel Kyrie Irving che già si era preso il palcoscenico quel 23 giugno 2011.

Isaiah ThomasIL PICCOLO RE CELTICO – La stagione successiva le vittorie diventano 48-34. Il “folletto” ne mette 32 ogni volta che si allaccia le scarpe. Ai playoff ci sono gli Atlanta Hawks, non più la seconda migliore squadra dell’est, ma pur sempre un gruppo di ottimi giocatori. Il 24 aprile Thomas arriva a metterne 42, permettendo a Boston di portarsi sul momentaneo 2-1 nella serie, prima di essere eliminata. Non male per una sessantesima chiamata. La stagione dell’incoronazione definitiva però deve ancora arrivare. Il 30 dicembre 2016 arrivano 52 punti contro Miami. Si, avete letto bene, 52 punti. Frutto di un 6/13 da 2, 9/13 da 3, 13/13 dalla lunetta. I punti salgono a 34,5 di media. Ma questo non basta. Il quarto periodo, quel momento in cui la palla pesa e ogni decisione può farti vincere o perdere le partite diventa il suo terreno di caccia. Segna più di 10 punti a partita solo nei quarti periodi e si carica ogni possesso offensivo della squadra sulle spalle come se fosse la cosa più naturale del mondo.

DALLA PIZZA AD IVERSON – 30 Gennaio 2017. Boston e Detroit sono 88 pari e mancano 6 minuti alla fine della partita. Thomas è già a quota 19 punti e chiede al coach: “Mister, ehy, vuoi che la passo di più?” Il coach lo guarda, scuote la testa e risponde: “No, continua a tirare, tira tu, non ti preoccupare”. Non l’avesse mai detto. Isaiah Thomas ne piazza 22 in 7 minuti, è indiavolato. Segna da tre. Subisce fallo, va in lunetta. Sbuca da ogni parte del campo. Il suo quarto periodo dice 24 punti, con Boston che vince 113 a 109. Meno male che la palla pesa di più. Il mondo si accorge di lui, di quella chiamata numero 60 di 175 cm per 82 kg. Si accorge di lui anche un certo Iverson, il più grande di sempre in NBA sotto i 185 cm, e gli manda un tweet, semplice: “continua cosi, ti sto tenendo d’occhio“. E anche noi. Ti teniamo d’occhio Isaiah Thomas, e abbiamo come l’impressione che la pizza, da oggi, non te la faranno portare più.

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