Reddito di cittadinanza in Finlandia: il primo esperimento in Europa
Per ora è solo un esperimento, in futuro chissà: il reddito di cittadinanza in Finlandia voluto dal governo interesserà un campione ristretto di cittadini e tenterà di dare una risposta ad una questione tutt’oggi aperta e complicata. Contro ogni logica di austerity, insomma, la Finlandia tenterà di capire se effettivamente l’introduzione di un salario minimo garantito potrà sostenere i consumi e l’economia o se, al contrario, si tratterà di una misura boomerang che incentiverà l’assistenzialismo premiando chi ha meno voglia di fare. La data d’inizio è stata fissata al 1° gennaio 2017, giorno a partire dal quale il reddito di cittadinanza in Finlandia viene erogato per 2000 cittadini scelti a caso tra i disoccupati del paese, che percepiranno, per due anni, 560 euro al mese senza dover fare nulla. Ma quel che rende l’esperimento del tutto inedito sono le sostanziali differenze rispetto al sussidio di disoccupazione previsto da molti paesi europei: i cittadini selezionati, infatti, continueranno a percepire il salario minimo anche nel momento in cui troveranno un lavoro. L’obiettivo non è solo combattere la povertà, ma osservare il comportamento delle persone quando sono libere di scegliere: potendo contare su un supporto economico stabile i cittadini finlandesi potrebbero decidere di accettare un lavoro pagato meno ma più gratificante, piuttosto che uno più sicuro ma che si sentono meno motivati a svolgere.
Non solo: i partecipanti all’esperimento saranno pagati anche se non cercheranno un posto di lavoro. Come in molti altri paese europei, la ricerca di un impiego in Finlandia è spesso ostacolata dalla paura di perdere un’entrata certa per un lavoro incerto o mal pagato. Scopo della misura è dunque ridurre la disoccupazione azzerando l’insicurezza economica dei cittadini. La coraggiosa iniziativa del reddito minimo in Finlandia intende anche indagare se la presenza di un’entrata fissa possa disincentivare le persone a ricercare un impiego. Proprio quest’ultima è principale obiezione mossa dai detrattori del reddito minimo, preoccupati che un simile provvedimento possa alimentare l’inerzia nelle persone. Ma i timori riguardano anche la creazione di un «turismo del welfare» che porterebbe ad un aumento dell’immigrazione, creando un indesiderato fattore di attrazione per il paese. La logica stessa dell’esperimento, però, smentisce queste paure: 560 euro difficilmente sono sufficienti per la sopravvivenza, e di conseguenza è improbabile che possano rappresentare un fattore di attrazione.
Di contro, tanti sostengono invece che il reddito minimo sia l’unica soluzione possibile alle trasformazioni che il nostro modello economico sta attraversando. Con l’avvento della sharing economy e degli user-generate contents – vale a dire, quei contenuti e dati che produciamo e forniamo alle aziende senza percepire nessun compenso – e in previsione di un futuro in cui sempre più posti di lavoro saranno automatizzati, il salario minimo sarà l’unica soluzione per poter sostenere i consumi. Ripensare il modello di welfare, insomma, sarebbe cruciale di fronte ad un mondo che cambia e che non offre più garanzie ai lavoratori. Prima fra tutte nel vecchio continente, la Finlandia sembra dunque aver capito che un sussidio universale ai cittadini non è più solamente una questione assistenziale, ma ha a che vedere con le trasformazioni che l’economia mondiale e il mercato del lavoro stanno subendo. Se l’esperimento avrà successo, chissà che non indicherà una nuova, efficace, risposta a quella che è una delle più urgenti sfide politiche dell’ultimo decennio.
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