M5S: codice di comportamento e giuria popolare
Ieri è stato approvato il nuovo codice di comportamento degli eletti nel Movimento Cinque Stelle. Il codice era stato pubblicato lunedì scorso sul blog di partito, presentato dallo stesso Garante del Movimento, Beppe Grillo. Nella giornata di martedì è stato votato dagli iscritti e approvato con il 91% dei consensi. Una votazione plebiscitaria per la svolta garantista dei grillini. Perché di ciò si tratta. Nonostante l’autore unico del testo si ostini a negarlo, è fuori discussione che il codice di comportamento sia, a tutti gli effetti, garantista. L’articolo 4 del codice di comportamento, ‘Presunzione di gravità’, dice che il “Garante” e i suoi fidati ‘valutano la gravità dei comportamenti tenuti dai portavoce, a prescindere dall’esistenza di un procedimento penale’, il che rappresenta il succo del garantismo giudiziario. Parlare di una qualche valutazione vuol dire, appunto, garantire la presunzione d’innocenza per i propri eletti. Certo, può voler dire anche l’esatto opposto: in assenza di un procedimento penale, Beppe Grillo si riserva il diritto di cacciare chi vuole dal proprio partito. “Severo ma giusto”, avrà detto quel 91% di iscritti che ha approvato il codice di comportamento.
Ma i giornali che parlano di svolta garantista dicono solo balle. Questo giornale compreso. Chi scrive è ovviamente un asservito al potere, uno che ha tutto l’interesse a che chi detiene il potere continui a farlo. E arriviamo al secondo atto della commedia grillina degli ultimi due giorni: dopo il codice di comportamento, ecco la ‘giuria popolare per le balle sui media’. Cittadini scelti a caso, secondo il comico genovese, avranno il compito di leggere le notizie che appaiono in giro per il mondo: quelle risultate false saranno rettificate, i direttori dei giornali dovranno fare pubblica ammenda a capo chino. Ci mancava il cilicio, 30 Ave Maria e 40 Padre Nostro e l’inquisizione sarebbe stata servita. No, signor Grillo, le cose non possono funzionare così. Non possono essere cittadini scelti a casaccio a determinare se un mio articolo sia vero o falso: quali competenze hanno per farlo, come lo verificano, chi decide dove finisce la notizia e inizia la bufala? Oltretutto è proprio la sua amata rete ad essere il terreno fertile per la cattiva informazione, per le notizie false, per i proclami, per le chiacchiere da bar che diventano verità assoluta. Perché il Movimento non ha parlato di giuria popolare quando sosteneva il metodo Stamina o quando cavalcava l’onda delle scie chimiche? Vogliamo salvaguardarci dalle menzogne che girano su giornali, tv, social, radio, volantini e ogni altra forma di supporto audio-visivo? Non è con la gogna che si risolve il problema. Cultura è la parola chiave. Il mio maestro delle elementari mi insegnò che se volevo sapere qualcosa dovevo informarmi, ascoltare più voci possibili, raggiungere il maggior numero di fonti e, solo allora, avrei potuto farmi una mia opinione. Ecco, forse avrebbe dovuto parlare con lui, signor Grillo. Perché ritenere che esista un’unica verità che può essere addirittura messa ai voti e riconosciuta da persone scelte a caso è una falsità. Una pericolosa falsità. Non esiste mai un’unica verità. A meno che non si decida a tavolino che invece esiste; ma in quel caso si parla di fascismo e né Lei né il suo partito siete fascisti, vero? In secondo luogo esiste già una giuria popolare per difendersi dalle falsità che vengono scritte sui giornali e sui blog: si chiama coscienza. Sta ad ognuno di noi voler credere o meno a determinati fatti e notizie e al modo in cui ci vengono presentati. Non dovremmo avere bisogno né della giuria popolare né del codice di comportamento, basterebbero un minimo di coscienza, cultura e onestà intellettuale. Cose che attualmente mancano in questo Paese e che la classe politica attuale, comprensiva del Movimento Cinque Stelle, non sta facendo nulla per incentivare.
Molti, sicuramente maligni, vedono nell’approvazione del nuovo codice di comportamento degli eletti nel Movimento Cinque Stelle un salvagente per Virginia Raggi. Il sindaco di Roma naviga infatti in acque che definire torbide è dire poco. Una nuotata nel Tevere sarebbe sicuramente più salutare. Si dà il caso, però, che, come gli stessi rappresentanti del M5S hanno più volte dichiarato, la grande vittoria delle comunali di Roma è percepita come un importante banco di prova per il Movimento tutto. Una prova che Raggi & co. stanno fallendo miseramente e che rischia di trascinare nel fallimento tutto il partito, da Grillo in giù. È un fallimento la cui responsabilità non va addossata completamente sulle spalle del M5S. Purtroppo è solo la conseguenza naturale del malaffare romano. Quelli che “facevano gli impicci” con Alemanno e che poi provarono a insistere con Marino hanno trovato terreno fertile nel nuovo partito. Ecco che il non-statuto, l’assenza di una verifica dei propri iscritti, l’ambiguità nelle posizioni politiche, nelle dichiarazioni e nelle intenzionalità hanno permesso e facilitato l’infiltrazione di soggetti pericolosi e malavitosi all’interno del Movimento e delle giunte da questo guidate. Il tutto sotto gli occhi indifferenti dei romani. Questa è la “colpa” più grave. Che poi non è una vera e propria colpa ma più la natura stessa del romano. Chi vive questa città, chi l’ha sempre vissuta, si è ormai rassegnato alla realtà dei fatti. Viviamo nella città eterna che, per definizione, sopravvive. Sopravvivrà alla Raggi, come è sopravvissuta ad Alemanno; sopravvivrà ai governi e alla corruzione, esisterà ancora nonostante le opere pubbliche inesistenti, nonostante i ministeri e le auto blu. Roma è eterna. Sta a noi decidere se e come vorremo viverla nel futuro.
Di Battista, all’indomani della vittoria del No al Referendum del 4 dicembre, invitò tutti a smettere di parlare del M5S come l’espressione dell’anti-politica perché aveva appena dimostrato di essere un soggetto politico a tutti gli effetti. Bene, continuate a dimostrarlo. Cacciate i malavitosi dalle vostre fila. Non vi serve un codice di comportamento: li conoscete. Come conoscevate Marra e Muraro, sapevate dei loro trascorsi eppure li avete lasciati lì, vi siete “fidati”. Dimostrateci di essere cresciuti, di essere diventati veramente un soggetto politico, dimostrateci di aver imparato cosa voglia dire fare politica. Basta con i forconi, con le giurie popolari, con le votazioni online o con la caccia al giornalista che vi sta antipatico se poi i ladri ce li avete in casa. Dimostrateci di essere veramente diversi dagli altri e solo allora potrete avere il diritto di giudicare il lavoro di chi cerca di fare informazione.
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