“Come ne venimmo fuori”, ma in realtà non ne siamo ancora usciti

Trasportati in un futuro immaginifico, finalmente armonico e civile, Sabina Guzzanti è chiamata a tenere l’importantissimo “discorso celebrativo” sulla fine del periodo storico più buio che l’umanità abbia mai conosciuto. Non il Medioevo come storicamente lo conosciamo, ma un secolo tristissimo e feroce molto più contemporaneo, ovvero l’epoca a ridosso della caduta del muro di Berlino che va dal 1990 al 2041, che altro non è che il nostro tempo presente.
come ne venimmo fuoriInizia così lo spettacolo Come ne venimmo fuori (proiezioni dal futuro) in scena al Teatro Vittoria fino al 18 dicembre, scritto e interpretato da Sabina Guzzanti e diretto da Giorgio Gallione. Il fondamentale discorso si tiene ogni anno affinché non si perda la memoria e si scongiuri il pericolo di ripetere gli errori del passato che condussero l’umanità, in particolare gli italiani, a trasformarsi da uomini civili e di cultura quali erano in individui egoisti e frustrati, ignoranti e materialisti. A tal fine la Guzzanti decide di non limitarsi alla commemorazione, ma di indagare le cause che ridussero in questo pietoso stato gli uomini vissuti in quel “lontano” e  fosco periodo storico, tristemente noto come “secolo di merda”. É così che nel suo lungo monologo, tra satira tagliente e profonda riflessione, l’attrice analizza come la teoria economica, politica e filosofica del neo-liberismo sia stata all’origine della miseria e della deriva dell’umanità, colpevole di aver creato un sistema economico in cui il denaro ha smesso di essere semplice mezzo creato dagli stessi uomini per facilitarsi la vita, bensì un fine che ha distrutto le nostre esistenze e ha dato vita a un mondo in cui la ricchezza è concentrata nelle mani di pochissimi a scapito di una spropositata maggioranza di poveri sempre più poveri.

La futurista SabnaQf2 ha studiato  a fondo gli esseri umani vissuti in quel periodo funesto, esaminando la televisione dell’epoca e i suoi programmi, i leader politici e le ideologie dominanti, ma soprattutto ha analizzato i loro comportamenti restituendoci un ritratto del cittadino tipo (il merdolano) dal quale nessuno si sente escluso: milioni di persone che lavoravano gratuitamente e che, incapaci di reagire alle angherie subite, trascorrevano ore e ore della loro esistenza guardando insignificanti talk show e litigando sui social network nei cui post esprimevano le loro inutili opinioni, risultato di un elaborato mix di conversazioni di altri, ritagli di giornale e frasi estrapolate da qualche vuoto programma televisivo.

Attraverso un breve (ma purtroppo a tratti eccessivamente didascalico) excursus che prende le mosse dalla teoria del libero mercato, la Guzzanti ci offre dunque un sintetico riepilogo dei salienti avvenimenti storici, politici e sociali del Novecento che hanno poi portato al triste periodo della deriva, non mancando di offrire agli spettatori ciò che le riesce meglio: un’esilarante carrellata di parodie dei suoi personaggi, dalla Meloni a Emma Marcegaglia, da Maria De Filippi fino all’immancabile e riuscitissimo cavallo di battaglia Silvio Berlusconi. Tra considerazioni e sorrisi amari a cui l’attrice ci ha da tempo abituati, non possiamo non riconoscerci nel terribile universo degli apatici  e frustrati individui che sabina Guzzanti descrive. E alla fine dello spettacolo piuttosto che domandarci come ne venimmo fuori, ci rendiamo miseramente conto che purtroppo non ne siamo ancora usciti.

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