Boris, al Roma Fiction Fest maratona di una serie “così italiana”

Esistono realtà televisive che non passano mai di moda, e Boris è una di queste. Prodotta, originariamente, da Wilder per Fox International Channels Italy, partorita dalle fervide menti di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Verduscolo (regista anche della prima stagione), e trasmessa, tra il 2007 e il 2010, sui canali Fox, FX e Cielo -ed ora visibile, dal 26 febbraio 2016, anche su Netflix-, la fiction dall’incontenibile verve satirica ha conquistato, di puntata in puntata, un posto di rilievo nei cuori di fan e telespettatori, affamati tanto di risvolti comici quanto di critiche mirate al mondo eccessivamente patinato e svenevole delle soap opera, divenendo un vero e proprio cult e classificandosi nel panorama seriale come uno dei prodotti comici italiani meglio riusciti dell’ultimo decennio.

boris la serie

Nella  maratona della prima stagione, proposta ieri al pubblico del Roma Fiction Fest 2016, abbiamo ritrovato – e riassaporato- le assurde movenze da divo di Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti), l’improponibile recitazione di Corinna Negri (Carolina Crescentini), passata alla storia per battute come “E’ stato il gioieiere”,  e i dialoghi grotteschi ed esilaranti di René Ferretti (interpretato da un gigantesco Francesco Pannofino), alle prese con la realizzazione di Occhi del cuore 2, il secondo capitolo del fantomatico sceneggiato televisivo che ha riscosso, anche grazie ad una trama pessima e alla presenza di personaggi improbabili, un grande successo tra il pubblico generalista.

Boris, la serie tv tra protagonisti e continui “smarmellamenti”

A rendere il tutto ancora più surreale e stravagante il pesciolino rosso Boris, vero protagonista della serie, e la troupe sgangherata di Occhi del cuore, composta, in parte, dal mite e malcapitato stagista (Alessandro Tiberi), dal burbero capo elettricista, “Biascica” (Paolo Calabresi), dal direttore della fotografia, il disilluso e cocainomane Duccio Patanè (Ninni Bruschetta), e dall’inossidabile assistente alla regia, Arianna dell’Arti (Caterina Guzzanti).

Tra una memorabile sigla, eseguita ad hoc da Elio e le Storie Tese, innumerevoli citazioni e continui “smarmellamenti”, si esce dalla sala 5 del The Space Cinema Moderno (location attuale del Roma Fiction Fest 2016) nostalgici e assuefatti da un universo parallelo che, piaccia o non piaccia, ha fatto la storia del piccolo schermo (e non solo).

 

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