La pazza della porta accanto: al Teatro Eliseo il dramma e la poesia di Alda Merini
“Quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto altro che rivelarmi la grande potenza della vita.” Questo scriveva Alda Merini nella sua opera in prosa del 1955 La pazza della porta accanto. Lo spettacolo, in scena al Teatro Eliseo, tratto dall’omonimo testo di Claudio Fava e diretto da Alessandro Gassmann porta in scena proprio la drammatica e sconvolgente esperienza dell’internamento in manicomio di una delle più grandi poetesse del secolo scorso, un inferno fatto di torture ed elettroshock, dal quale “la poetessa dei navigli” riuscì a salvarsi solo grazie alla forza vitale dell’amore e della poesia.
Il commovente atto unico di Fava si concentra sugli anni in cui una giovane Alda Merini, interpretata dalla bravissima Anna Foglietta, durante uno dei suoi lunghi ricoveri in un ospedale psichiatrico, si innamora di Pierre (Liborio Natali) anche lui giovane paziente della struttura. I due vivono un’appassionante storia d’amore che permetterà alla poetessa in continua lotta contro “le ombre della sua mente” di continuare a sentirsi viva e a non smettere di scrivere i suoi versi, sopravvivendo in questo modo a quell’olocausto dei manicomi prima della loro definitiva chiusura con la Riforma Basaglia del 1978. Le atmosfere cupe e claustrofobiche dell’ospedale psichiatrico sono rese da una scenografia essenziale ideata dallo stesso Gassmann, costituita da alti muri di cemento che, spostati dagli attori, ricreano lo spazio esterno e quello interno della reclusione. Quelle stanze dell’orrore in cui la fragilità dell’anima e i demoni della mente vengono curati con terapie psichiatriche talmente invasive e brutali da rendere i soggetti ricoverati dei quasi vegetali, etichettati dal mondo come “malati mentali” e dunque dei reietti della società che quasi mai riuscivano a vedere la luce fuori da quelle alienanti strutture.
Sul palcoscenico Alda Merini si confronta con le altre pazienti del reparto, ma anche con le gelide infermiere e con il Dottor G (Angelo Tosto) che la sollecita a persistere nella scrittura. Tuttavia la protagonista assoluta sul palco resta lei con il suo carattere sensibile e malinconico e i suoi vibranti versi poetici. Un viaggio nei tortuosi meandri della mente di una donna dalla “grandiosa parabola artistica e umana” la cui prigionia del corpo e dello spirito trova la sua agognata libertà e il culmine emotivo nel toccante momento in cui un sottile telo, che separa realtà e fantasia, si solleva dal palcoscenico e toglie dagli occhi quella patina grigia dalle cose e dalla vita, restituendo allo spettatore i colori sgargianti della libertà.
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