Favole fatte a pezzi al Centrale Preneste
Di nuovo domenica, di nuovo un pomeriggio a teatro per tutta la famiglia al Teatro Centrale Preneste. Il prossimo 27 novembre in scena Favole fatte a pezzi della Compagnia teatrale Schegge di cotone, all’interno della Rassegna Infanzie in gioco. Alle curiosità sullo spettacolo, a partire dal titolo accattivante, ha risposto Emanuele di Giacomo che ha offerto interessanti anticipazioni e intriganti spunti di riflessione.
Favole fatte a pezzi: un titolo accattivante, ma anche un po’ spiazzante. Cosa dobbiamo aspettarci da questo spettacolo? Un finale del tutto anticonvenzonale, oppure le tessere del puzzle fiabesco torneranno ognuna nella propria casella?
Non torneranno del tutto a posto anche se non c’è nessuna intenzione di spiazzare. Semplicemente, le favole rappresentano un patrimonio comune molto conosciuto, per cui a volte una semplice tessera è in grado di evocare un intero universo di ricordi e di sensazioni, e questo ci ha permesso di giocare con loro, di mescolare le carte, di suggerire piuttosto che di dire esplicitamente, e soprattutto ci ha permesso di concentrarci sulle emozioni. Il finale dello spettacolo in fondo ci dice questo, che le storie servono a orientarsi nel mondo. Le favole ci parlano di paura, di sorpresa, di magia, di desideri, sono un modo per esplorare i sentimenti, di affrontarli all’interno di un recinto sicuro, che è il mondo “favoloso” del bambino. Da adulti tendiamo a considerare il termine “favoloso” un semplice sinonimo di bello, ma in realtà è proprio questa ricchezza di emozioni a rendere favoloso, agli occhi dei bimbi, il mondo delle favole.
Le favole coinvolte in questo divertente esperimento sono quelle che tutti noi ci aspettiamo, oppure Cenerentola, Pollicino e Biancaneve faranno spazio a personaggi e vicende creati nel vostro magico laboratorio teatrale?
Nello spettacolo ci sono molti riferimenti a fiabe e favole tradizionali, perciò incontreremo Biancaneve, Pollicino, Hansel e Gretel, Pinocchio, anche se non sempre faranno quello che ci aspettiamo da loro. E poi accanto ai personaggi tradizionali ce ne saranno altri nuovi, e altri ancora ispirati ad autori come Rodari o agli stralunati animali delle favole di Tellegen.
Un imbonitore e il suo musico intratterranno gli spettatori prima ancora di entrare in sala, cercando di vendere loro dei gadget magici. Questa forma di interazione avrà un suo seguito anche sul palco? Quegli stessi oggetti fatati saranno parte integrante dello spettacolo?
In molti spettacoli Schegge di Cotone ha usato formule interattive perchè crediamo che sia uno strumento potentissimo per mantenere viva l’attenzione dei ragazzi e per coinvolgerli, e per i più piccoli è un modo per farli entrare direttamente nella storia. Anche in questo caso ci saranno degli spazi di interazione con il pubblico, ma saranno più limitati e circoscritti rispetto ad altre produzioni e riguarderanno soprattutto il rapporto tra il pubblico e l’imbonitore che li guida all’interno del museo ambulante delle favole.
Schegge di cotone e Favole fatti a pezzi. L’immagine di frammentarietà è un fil rouge che passa dal nome della vostra Compagnia al vostro spettacolo. Questa idea di scomposizione ha qualcosa a che fare con lo spirito creativo che vi contraddistingue?
Se penso ad altre produzioni della compagnia, non possiamo negare che in molti casi questo sia un elemento presente: una delle cose che ci interessava sperimentare con questo spettacolo era capire quanto una storia resti riconoscibile dopo aver subito questo processo di stravolgimento.
C’è un punto, nello spettacolo, in cui personaggi di storie diverse si incontrano e non capiscono più in che favola sono; ognuno di loro cerca di riportare la storia entro i confini sicuri della propria esperienza, senza riuscirci; eppure è da questo conflitto che nasce una storia nuova, che prima non c’era. E’ una storia comica, un po’ confusionaria, contorta, piena di svolte illogiche, ma la cosa straordinaria è che i bambini la seguono senza difficoltà, quasi con minore sforzo rispetto ai genitori che li accompagnano. In questo senso ci piace scomporre, ma sempre con l’obiettivo di ricomporre, di ritrovare un ordine nelle cose, magari diverso da quello originario ma senza arrendersi al caos e alla confusione.
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