Il muro del Messico: Donald Trump e l’immigrazione clandestina
Il neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump già in campagna elettorale aveva promesso ai suoi sostenitori che avrebbe affrontato con fermezza i problemi legati all’immigrazione clandestina negli States (l’anno prossimo vorrebbe deportare o incarcerare fino a 3 milioni di clandestini) e che avrebbe portato avanti il progetto di edificazione del muro nel territorio di confine con il Messico e ora che ha conquistato la vittoria il problema dell’immigrazione illegale e la costruzione del muro del Messico, nel periodo post-elettorale, sembrano essere diventati temi assolutamente prioritari per il governo federale. Si parla di oltre 11 milioni di immigrati clandestini entrati illegalmente negli Stati Uniti, senza i dovuti visti di lavoro e permessi di soggiorno.
Il problema dei narcotrafficanti messicani
Dal punto di vista geografico e territoriale i confini da controllare sono quello Canada-Usa a Nord e il confine Messico-Usa a Sud. Il confine più sensibile, che richiede continui controlli in termini di sicurezza, è senza dubbio quello tra Usa e Messico. Non preoccupa tanto il confine settentrionale, poiché il Canada non viene percepito come un pericolo imminente. A destare le maggiori preoccupazioni è invece il confine meridionale, non solo per il contrasto all’immigrazione clandestina ma ancheper bloccare il trasporto di droga gestito dai narcotrafficanti messicani, i quali molto spesso gestiscono anche le tratte percorse dai migranti. La gestione dei carichi di droga destinati all’esportazione illegale negli Stati Uniti riguarda sia il traffico di droghe pesanti quali l’eroina e la cocaina e le droghe sintetiche come l’ecstasy, ma anche quello delle droghe leggere coma la marijuana. La Colombia e il Messico in questo senso possono essere ritenuti a ragione Paesi trainanti per quanto riguarda il commercio di droga negli Stati Uniti. Spesso i narcotrafficanti, per sfuggire ai controlli di frontiera, utilizzano dei corrieri che ingoiano gli ovuli contenenti droga, oppure nascondono gli stupefacenti nel cibo o in altre merci, per occultarne le tracce e impedirne l’identificazione. A volte usano dei velivoli di fortuna o delle specie di catapulte per lanciare letteralmente la droga al di là dei confini delineati dal muro del Messico.
La questione legata all’immigrazione clandestina negli Stati Uniti dal Messico non è un problema di adesso, bensì affonda le sue radici nel passato. I vari governi statunitensi che si sono succeduti finora, specialmente a partire dagli anni Settanta, hanno sempre cercato di arginare l’immigrazione clandestina dal Messico, attuando delle iniziative di carattere restrittivo. Tuttavia, il fenomeno non è diminuito nel corso degli anni, anzi, con il passare del tempo, in particolar modo dagli anni Novanta in poi, si è avvertito un cambiamento di rotta. Già con il governo Clinton erano iniziati i lavori di costruzione di una parte del muro del Messico, di circa 1.000 chilometri, al confine tra il Messico e il Texas, lasciando liberi gli altri 2.000 chilometri di territorio di confine. Proprio questi 2.000 chilometri restanti sono quelli che vorrebbe completare il repubblicano Donald Trump, facendo però pagare l’edificazione del muro al Messico che, ovviamente, si oppone a tale richiesta. Nel 1994 è stato eretto un muro contenitivo nelle aree in cui il Messico confina con il Texas, la California, l’Arizona e il New Mexico. Tutto il territorio di confine, adiacente al muro del Messico, è stato militarizzato attraverso l’uso di telecamere che monitorano i movimenti che avvengono nelle vicinanze, droni che effettuano le riprese dall’alto e sensori che individuano ogni minimo rumore. Ma, stando alle dichiarazioni di Donald Trump, queste recinzioni già esistenti sono soltanto delle recinzioni giocattolo, troppo facili da oltrepassare. Dagli anni Novanta fino ad oggi, però, sono stati rinvenuti dalla polizia di frontiera oltre seimila cadaveri di migranti clandestini morti mentre cercavano di attraversare il deserto dell’Arizona, ognuno inseguendo il proprio, tanto agognato, sogno americano.
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