Gay nel calcio. Storie tragiche e il (felice) caso italiano
Gay nel calcio. Argomento tabù, soprattutto in Italia. Ma non solo, anche in paesi dove i diritti degli omosessuali sono molto più avanti rispetto alla nostra situazione, problemi ancora ce ne sono. In Inghilterra, in Francia, i traguardi sono stati conquistati dolorosamente e faticosamente. In Italia ufficialmente non esistono. O meglio non esistevano perché qualcosa ora si sta muovendo. Poche settimane fa si è parlato di un’unione civile che si è celebrata a Roma.
Nulla di straordinario se non fosse che per la prima volta uno dei due convolati a nozze è un membro del mondo del calcio. Certo, non un calciatore, non un allenatore, non un personaggio di serie A o B. Un dirigente, di una piccola squadra del sud. La cosa ci ha incuriosito, così abbiamo deciso di indagare. Anche perché fino a pochi anni fa l’allora C.T. Marcello Lippi dichiarava: “Non avrei problemi a convocarne uno, ma nel calcio non ne ho mai conosciuti”. Sempre in quegli anni, nel 2008, anche i giocatori della Fiorentina, interpellati dopo aver posato per un calendario, si dichiararono sicuri del fatto che gay nel calcio italiano non esistessero. Voci ce ne furono molte, nomi detti a mezza bocca che non riporteremo in quanto non è un articolo di gossip. A volte le voci diventavano pubbliche. Fu il caso di Gianluca Vialli. Un giornalista lo “accusò” (le virgolette sono d’obbligo) di essere gay, lui lo querelò, chiese uno sproposito di soldi, il giudice condannò il giornalista a pagare 30 Milioni di lire a Vialli per diffamazione aggravata e la motivazione della sentenza fu un capolavoro di idiozia: “La figura dell’atleta professionista, forse ancor prima di quella dell’uomo, ne resta gravemente compromessa, non essendo assolutamente possibile rendere conciliabile nell’immaginario collettivo, la figura dell’atleta e quella dell’omosessuale”. Perché il calciatore deve essere sciupafemmine, spaccone, con la macchina sportiva e dedito all’alcool per festeggiare le vittorie. Deve essere macho. Altrimenti la sua figura professionale “ne resta gravemente compromessa”.
Mentre per gli sport individuali dichiarare la propria omosessualità non ha costituito un problema fin dagli anni ’80, ad esempio Martina Navratilova, negli sport di squadra maschili ci è voluto del tempo perché le cose cambiassero. Anzi, in molti posti ancora non sono cambiate. Per i gay nel calcio continua a essere più “conveniente” non dirlo. Anche in paesi gay-friendly da lungo tempo, come l’Inghilterra. Dove prima la carriera e poi la stessa vita di Justin Fashanu furono distrutte dal suo essere uscito allo scoperto come il primo calciatore gay dichiarato. Fashanu era stato il primo calciatore di colore a essere pagato più di un milione di sterline, la sua carriera era cominciata bene. Anche se già le voci sulla sua omosessualità gli avevano creato problemi. Il leggendario allenatore Brian Clough lo chiamava “fottuto finocchio”. Oltretutto un infortunio al ginocchio frenò la sua ascesa e quando nel 1990 (non nel 1920, nel ’90!) dichiarò la propria omosessualità, il mondo del calcio, e non solo, reagì con ostilità. Il fratello lo rinnegò. Anni dopo divenne un personaggio di Mai dire goal, beniamino di Teo Teocoli in veste di Peo Pericoli, e sembra, a vederlo oggi, impossibile che quel ragazzo simpatico e spiritoso abbia contribuito a distruggere la vita del fratello in quanto primo gay nel calcio. Anche la comunità nera londinese prese le distanze, accusandolo di aver coperto di vergogna tutti loro. Justin scappò negli Stati Uniti in cerca di un ingaggio, oramai solo e depresso. Rimediò qualche contratto di poco conto e poi intraprese la carriera di allenatore. Fino a quando un ragazzo di 17 anni lo accusò di averlo narcotizzato e violentato dopo averlo fatto bere. In molti li videro insieme, chi aveva venduto la birra testimoniò di averli visti e per Fashanu le cose si misero male. A quel tempo nel Maryland vigeva ancora la legge anti-sodomia, che proibiva e puniva con il carcere, anche il sesso orale (anche tra marito e moglie, figuratevi). Fashanu scappò, pensando che nessuno gli avrebbe creduto, e tornò di corsa in Inghilterra. Provò a contattare i suoi amici, qualcuno che potesse aiutarlo. Rimase nascosto per due settimane e per due settimane tutte le porte rimasero chiuse, nessuno lo aiutò a organizzare una difesa e una mattina venne trovato impiccato. Lasciò un biglietto nel quale proclamava la sua innocenza. Culmine della beffa la polizia non aveva verificato se il ragazzo che lo aveva denunciato fosse stato effettivamente narcotizzato. Su Fashanu non pendeva nessun mandato di cattura e la polizia aveva lasciato cadere le accuse per mancanza di prove. E il ragazzo ammise di essere andato con lui volontariamente. Ma oramai Justin non c’era più.
I gay nel calcio hanno problemi anche quando gay non lo sono affatto. Basta il pettegolezzo, a volte, per rovinare tutto. E il pettegolezzo può nascere per motivi idioti. Come successe a Graeme Le Saux, buon terzino del Chelsea e della Nazionale, con una carriera rispettabile che forse sarebbe potuta essere migliore se non fosse che, come dichiarato dallo stesso Le Saux, aveva perso completamente il piacere di giocare. Per quella voce e quegli insulti che lo seguivano ovunque, sempre. Perché è facile dire che bisogna essere forti, non farci caso. Per quanto non lo sei e non consideri un insulto quel che ti dicono dietro, il fatto che sia detto in maniera ossessiva e che sia detto con disprezzo ti fa perdere la testa. Alla fine sbotti. Ma lui almeno, al contrario di Fashanu, qualcosa alla fine ha ottenuto. Partiamo col dire che Le Saux è eterosessuale. Ha un aspetto più “gentile” rispetto ad altri calciatori. Ma la cosa che i compagni di squadra prima, e gli avversari poi, non gli hanno perdonato è l’essere stato, come calciatore, “diverso”.
Diverso perché amava leggere, perché amava andare in vacanza in posti con più rovine archeologiche che discoteche, perché si interessava d’arte, perché non leggeva i giornali sportivi ma quelli politici. Una cosa veramente assurda, ma se sei diverso in tutte queste cose rispetto agli altri calciatori, sei diverso in tutto. Anche sessualmente. E se sei diverso dai maschi, con la spider e la biondona al fianco, che non sanno coniugare un verbo beh … sei gay. La voce uscì dal suo spogliatoio e cominciò a spargersi. Ovviamente arrivò anche ai tifosi avversari. Venne ideato un coro dedicato a lui sulle note di Go West che recitava “Le Saux lo prende nel…”, lui stesso ha raccontato che una volta un bambino di 10 anni gli urlava “frocio!”con lo sguardo carico d’odio mentre il padre accanto rideva … Le Saux si ritrovò a dover esagerare la sua mascolinità. Del resto anche nel rugby il gallese Gareth Thomas, che ha dichiarato di essere gay solo alla fine della carriera, ha detto che per non farsi scoprire enfatizzava la sua mascolinità al massimo. Ma torniamo a Le Saux. E al gesto che (forse) cambiò le cose. Durante una partita contro il Liverpool Robbie Fowler cominciò a provocarlo. Si chinava in avanti, gli mostrava il culo “vieni è per te, ti piace no?”, l’arbitro aveva visto, i guardalinee avevano visto, la sua famiglia in tribuna aveva visto, ma l’arbitro non fece nulla. E Fowler continuò. Provò anche a chiedere a Fowler di smetterla, che aveva la famiglia in tribuna, ma Fowler gli rispose insultandolo. Fino a quando, a palla lontana, Le Saux mollò una gomitata a Fowler che stramazzò al suolo. E le telecamere lo avevano ripreso. Stranamente da allora le cose migliorarono, i tifosi pian piano smisero di fare cori, e il calcio inglese, che puniva la discriminazione razziale, cominciò a interrogarsi se era giusto cominciare a fare qualcosa anche per questo tipo di discriminazione. Le Saux ora è proprio nel comitato che si occupa di queste cose e può essere soddisfatto del fatto che l’aver alla fine reagito, è stata la molla del cambiamento. E può essere anche soddisfatto delle parole di Fowler di un paio di anni fa: ”Continuano a dirmene per una cosa che è successa quand’ero un ragazzino, ingenuo e immaturo. Ho chiesto scusa a Graeme Le Saux e lui ha accettato. Ovviamente sono imbarazzato se mi guardo indietro, ma purtroppo non posso cambiare quello che è successo. Si impara dagli errori crescendo, e io ho imparato”.
E veniamo all’Italia e al primo gay nel calcio italiano del quale abbiamo accennato all’inizio. Gianni Salzano, Vicepresidente del Savoia che milita in eccellenza. Circa un mese fa Salzano ha sposato il suo compagno Carlo. Ovviamente a loro i nostri migliori auguri. E letti questi precedenti in nazioni come Inghilterra e Stati Uniti, ci siamo chiesti in una provincia del sud, in un campionato regionale, nel maschio mondo del calcio campano, come sarebbe stata accolta la notizia. Abbiamo quindi incontrato Salzano al centro di Roma per chiederglielo. Salzano, che è un imprenditore, non è alla prima esperienza nel calcio. Nel recente passato è stato anche dirigente della Lupa Roma.
Gli abbiamo chiesto come hanno reagito i tifosi a Torre Annunziata e, dopo aver letto queste storie tragiche e cupe, è con vero piacere che apprendiamo che “l’hanno presa benissimo, ogni volta che vado giù per la partita mi fanno regali, non ho percepito il minimo imbarazzo in nessuno. Certo la nostra tifoseria rivale, i tifosi della Turris, hanno fatto uno striscione ma nulla di grave. Per il resto nessun problema, anzi molto affetto”. Gli parliamo allora di Yoann Lemaire, calciatore francese di terza serie, che dopo il suo coming out ha avuto la carriera rovinata, allontanato dalla sua squadra dopo 14 anni perché “avrebbe rovinato lo spogliatoio” e gli chiediamo cosa ne pensa e se consiglierebbe a un giovane di mostrarsi per quel che è o seguire il consiglio di Lemaire, di non dire nulla perché il mondo del calcio è così e se ti mostri ti stritola: “No, io credo che i tempi siano maturi affinché i ragazzi non abbiamo più paura. I ragazzini si sentono deboli, soli. Se vedono gli altri uscire allo scoperto avranno il coraggio per essere più forti. Oramai non si deve aver paura di come reagiscono gli altri, le cose stanno cambiando. E questa storia degli spogliatoi che si rovinano è una gran cavolata. Capita di entrare nello spogliatoio ma non c’è mai stato il minimo imbarazzo in nessuno”. Quindi per una volta si può andare orgogliosi del fatto che in Italia, almeno in questo, siamo più avanti di Francia e Inghilterra. Avendoci rasserenato sui gay nel calcio, possiamo finalmente parlare di calcio e gli chiediamo se il Savoia ce la farà. Gli si illumina il viso e risponde: “Sicuro”. E scopriamo anche che Ciro Immobile è il Presidente onorario del suo Savoia.
Dalla storia disperata e terribile di Justin Fashanu al sorriso sereno di Gianni Salzano i passi avanti sono stati tanti, ma la strada è ancora lunga. E speriamo che al più presto anche in Serie A qualcuno esca allo scoperto. Non per ostentare o perché deve farlo per forza. Solo perché non ci sia finalmente più alcuna ragione per doverlo nascondere.
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