Violenze verso i migranti: Amnesty accusa l’Italia
«La polizia ci ha chiesto di dare le impronte digitali. Mi sono rifiutato, come tutti gli altri, comprese alcune donne. Dieci poliziotti sono arrivati e mi hanno preso per primo, mi hanno picchiato con un manganello sia sulla schiena sia sul polso destro. Nella stanza c’erano 10 poliziotti, tutti in divisa. Alcuni mi tenevano la mano dietro, alcuni mi tenevano la faccia. Hanno continuato a colpirmi per forse 15 minuti. Poi hanno usato un manganello elettrico, l’hanno messo sul mio petto e mi hanno dato una scarica. Sono caduto, potevo vedere ma non riuscivo a muovermi. A quel punto mi hanno messo le mani nella macchina. Dopo di me, ho visto altri migranti venire picchiati con il manganello. Poi un altro uomo mi ha detto che anche a lui avevano dato la scarica elettrica sul petto. Poi mi hanno semplicemente lasciato per strada, mi hanno detto che potevo andare dove volevo. Sono rimasto lì tre giorni, senza quasi riuscire a muovermi». Castro, 19 anni.
Violazione dei diritti umani, violenze, torture: l’orrore racchiuso in un report di 60 pagine scritte fitte fitte. L’Italia si è macchiata di violenze verso i migranti, in alcuni casi di tortura, o almeno questo è quello che è accaduto in alcuni dei centri di identificazioni voluti dalla comunità europea. A dirlo non sono buonisti deliranti sui social, ma Amnesty International nel rapporto “Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti”, in cui le parole di Castro, fuggito dagli attacchi del governo sudanese, fanno eco a quelle di altre decine e decine di migranti che, attraversato il Mediterraneo, hanno trovato ad attenderli violenze e soprusi.
Sotto accusa, però, non è (solo) l’Italia, quanto piuttosto “l’approccio hotspot” voluto dai leader europei, che avrebbe dovuto garantire controllo dei flussi e divisione delle responsabilità tra i Paesi Europei ma che si è rivelato, almeno per il secondo aspetto, un totale fallimento. «Mentre la componente di solidarietà del piano hotspot si è dimostrata ampiamente illusoria – con solo 1196 persone ricollocate in altri paesi europei dall’Italia, sui 131mila arrivi a fine settembre 2016 – gli elementi repressivi, concepiti per prevenire spostamenti verso altri paesi europei e aumentare il numero dei rimpatri, sono stati attuati in modo aggressivo, con elevati costi in termini di diritti umani».
Il report: violenze verso i migranti negli hotspot italiani
Amnesty International ha raccolto 174 testimonianze – e molte altre dichiarazioni – che denunciano come «nel cercare di raggiungere “un tasso di identificazione del 100%”, l’approccio hotspot ha spinto le autorità italiane ai limiti, e oltre, di ciò che è ammissibile secondo il diritto internazionale dei diritti umani». Detenzioni prolungate e arbitrarie, violenza fisica, maltrattamenti, torture e violenze
verso i migranti: ecco a cosa ha portato la politica degli hotspot, altro che solidarietà. Quella di Amnesty non è una generica accusa alle autorità italiane ma a chi, al loro interno, ha sbagliato, e – soprattutto – a chi di quella violenza è il mandante.
«Nonostante non ci siano dubbi che la maggior parte degli agenti di polizia abbia continuato a fare il proprio lavoro in modo impeccabile», si legge infatti nel report, «testimonianze coerenti raccolte da Amnesty International indicano che alcuni hanno fatto uso eccessivo della forza e hanno fatto ricorso a trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o addirittura alla tortura». Azioni per cui «le autorità italiane hanno una responsabilità diretta, ma i leader dell’Ue hanno una responsabilità politica». Se l’Italia tortura i migranti, quindi, la colpa è anche, e soprattutto, di un’Unione Europea incapace di trovare coraggio nella collaborazione e nel sostegno, a cui preferisce repressione e controllo, che si traducono in abusi, torture e violenze verso i migranti.
Il report, rilasciato il 3 novembre, ha scatenato accuse e reazioni sdegnate (tra cui un sobrissimo «Amnesty International impazzita», del sempre ottimo Libero). Accuse a cui Amnesty ha risposto con un breve comunicato ribadendo che il rapporto «da una parte riconosce, come già avvenuto in passato, il lavoro straordinario svolto dall’Italia nel salvataggio di vite umane in mare e il fatto che la stragrande maggioranza delle forze di polizia si siano comportate in maniera professionale, dall’altra fornisce i resoconti di alcuni casi di maltrattamento che avrebbero avuto luogo sulla terraferma e di alcuni casi di espulsioni verso paesi in cui vi è il rischio che le persone rimpatriate diventino vittime di gravi violazioni dei diritti umani».