Black Mirror? Presto potrebbe essere realtà
Siamo tutti rimasti sconvolti, ancora una volta, dalle nuove puntate di Black Mirror. La serie inglese, che dal 2012 racconta il controverso rapporto tra società contemporanea e tecnologia, ha ripreso a mietere coscienze dallo scorso 21 ottobre con sei nuovi episodi in esclusiva su Netflix, dato che la ormai famosa azienda cinematografica online ne ha acquisito i diritti nel settembre 2015.
Hackering, effetti traumatici della realtà aumentata, eccessivo ricorso ai social network. Sei storie disconnesse tra loro, sei trame snocciolate passo dopo passo e senza concedere mai (o quasi) il beneficio della prevedibilità. Ogni puntata di questa web-serie è capace di farti spogliare davanti a domande ormai anestetizzate dal mondo dei social network e della tecnologia tutta: le nostre abitudini, i nostri istinti si stanno evolvendo in questi ultimi anni più rapidamente di quanto non abbiano fatto negli ultimi tre secoli. E Black Mirror è un ottimo breviario per lanciarci dei flash in merito a questo tema.
Ma quant’è distante la società rappresentata dalla serie inglese rispetto ai nostri giorni? La domanda può essere affrontata soltanto prendendo in prestito una puntata (senza anticipare nulla circa lo sviluppo narrativo dell’episodio) della terza stagione della serie prodotta da Charlie Brooker. La scelta cade sulla prima, intitolata “Nosedive” e riadattata nell’italiano “caduta libera”. La protagonista, interpretata da una strepitosa Bryce Dallas Howard, muove i suoi passi in un mondo in cui i rapporti sociali sono basati esclusivamente sulle valutazioni scambiate grazie a una applicazione interattiva installata nella retina dell’essere umano. Ogni dialogo, ogni interazione, emozione o comportamento portano da 1 a 5 stelle e la vita di ogni uomo si riduce ad essere caratterizzata dalla propria media-voto. L’acquisto d’immobili, la sanità, l’accesso in luoghi aperti al pubblico e ogni altro aspetto della vita umana sono strettamente connessi al numero di stelle ottenute.
Immaginate di tornare indietro negli anni ’70 e raccontare di un mondo fatto di stati d’animo alterati per una tacca blu su whatsapp, di autostima accresciuta grazie a un like su facebook e di persone incapaci di fare qualcosa senza volerne offrire un’immagine strabiliante sui social network. Oggi quel mondo è realtà e presto potrebbe esserlo anche la società descritta nella prima puntata di Black Mirror.
Un interessante articolo dell’Indipendent riporta infatti la recente idea del Partito Comunista cinese tesa al controllo della popolazione civile: sì esattamente, un’applicazione grazie alla quale ogni persona avrà un rating capace di sbloccare libertà civili come l’ottenimento di un prestito o di un passaporto. Articolo da prendere però con la dovuta cautela visto il suo incipit: «Immaginate un mondo dove un governo autoritario monitori ogni cosa voi facciate, accumuli grandi quantità di dati sulla quasi totalità delle vostre interazioni e vi assegni un punteggio che misuri la vostra credibilità». Sarebbe il caso di dare il benvenuto alla penna dell’Indipendent nel mondo occidentale. E nel ventunesimo secolo.
A parte il breve excursus polemico, nel pezzo si parla di un sistema avveniristico teso alla costruzione, a detta dello stesso Partito Comunista, di una cultura fatta di sincerità e di una società socialista armoniosa. Il progetto sarebbe inizialmente opzionale per gli utenti, salvo poi diventare obbligatorio per legge entro il 2020.
Intanto l’esperimento è già partito sotto forma di videogame, Sesame credit, presentato da una delle agenzie di servizi del credito su cui si appoggia il governo Cinese, Anti Financial (affiliata di Alibaba). Questo consisterebbe in una valutazione costruita su modalità di pagamento degli utenti: uno scarso utilizzo delle piattaforme di pagamento online limiterebbe l’accesso al godimento di alcuni benefit come l’accesso alle prime classi sui treni o altri generi di privilegi. Secondo alcuni rumours inoltre, si starebbe discutendo circa l’inserimento nel sistema di penitenze causate da punteggi eccessivamente negativi, estendendo così la ripercussione dell’app sulla vita sociale dell’individuo. Per ora il sistema si serve di quattro parametri: quantità di acquisti su Alipay (sistema di pagamento legato alla stessa piattaforma Alibaba), informazioni personali e pagamento di fatture attraverso carte di credito o contanti. Quest’ultime due sarebbero le più importanti ai fini della valutazione.
Come riporta lo stesso Indipendent, credere che i principi di questo esperimento interattivo saranno effettivamente estesi per legge alla totalità di una delle popolazioni più numerose del pianeta è al momento un’idea ben lontana dal concretizzarsi: ma il parallelismo con il mondo disegnato in “caduta libera” è impressionante. Tra i consigli che i gestori dell’app danno ai clienti più ambiziosi ci sarebbe quello di togliere l’amicizia ad utenti con un punteggio basso e di cercare un approccio positivo tra quelli più meritevoli (in termini di rating sia chiaro). Esattamente ciò che abbiamo visto nella prima puntata della nuova stagione di Black Mirror.
Un altro interessante articolo del Quartz ricorda però che al momento Sesame Credit sarebbe più «un programma per misurare la fedeltà dei clienti piuttosto che un credit-system». Questo perchè una persona che acquista assiduamente prodotti con servizi di pagamento online come alipay wallet avrà potenzialmente un punteggio più alto di una persona con un lavoro migliore o con uno status sociale più elevato. Ciò non toglie però che i parametri dell’app potrebbero estendersi a parametri capaci di permeare maggiormente la vita dell’individuo.
Ed è proprio questo il fine che il governo cinese si sarebbe posto nel 2014 attraverso un documento intitolato “Pianificazione per la costruzione di un sistema di credito sociale”. Che sia l’inizio della fine?
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