Gli Zapatisti alle elezioni: Messico in shock
Gli zapatisti alle elezioni, incredibile ma vero. La decisione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale di partecipare alle prossime elezioni presidenziali del Messico nel 2018 ha del clamoroso e sconvolge lo scenario politico del Centro-Sud America.
Sarebbe una delle prime volte in assoluto che una forza ribelle dell’America Latina – per antonomasia extraparlamentari – decida di partecipare alle elezioni senza passare da un periodo di istituzionalizzazione.
I rischi di una mossa del genere sono numerosi e possono rivelarsi anche tragici, ma le speranze sono altrettanto numerose e incoraggianti.
La proposta di partecipazione degli zapatisti alle elezioni presidenziali è ancora in fase di studio e di definizione, ma la volontà espressa da EZLN e Congreso Nacional Indígena (Cni) al V Congresso nazionale indigeno (tenutosi in Chiapas tra il 9 e il 14 ottobre) è ferma e precisa: ‹‹costruire la speranza di un futuro possibile unicamente sopra le rovine del capitalismo››.
Nessun compromesso al ribasso, in altre parole, ma un’opposizione ferrea e a tutto tondo a questo sistema politico, operata all’interno del sistema politico. E’ forse questa la scheggia rivoluzionaria che più di altre può conficcarsi e danneggiare sensibilmente il tragico meccanismo dello stato Messicano e del neoliberismo in genere: l’EZLN e il CNI non si sottomettono al giogo e al gioco del potere, ma scagliano la loro alterità antisistemica direttamente all’interno dell’agone politico. L’antisistema che gioca il gioco del sistema.
Nel comunicato diffuso da Esercito Zapatista e Congreso Indigeno a margine dei lavori del congresso si legge la volontà ‹‹di avviare consultazioni in tutti i territori indigeni al fine di nominare un consiglio indigeno di governo la cui parola sia incarnata da una donna indigena, delegata del CNI come candidata indipendente che partecipi a nome del Congresso Nazionale Indigeno e dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale nel processo elettorale dell’anno 2018 per la presidenza di questo paese››. A partire dalla premessa che questo sarebbe un atto, nuovo e insolito, di resistenza e di opposizione alle forze di governo sulla scorta di una contrapposizione frontale tra gli zapatisti – che si identificano nei valori della difesa del territorio, dell’autodeterminazione dei popoli con particolare riferimento alla questione dei nativi, in un sviluppo consapevole e orientato al sociale – e i rappresentanti non solo delle destre (quindi direttamente del capitalismo) ma anche di tutti gli altri partiti compromessi con il sistema capitalistico.
Punto di forza della proposta di partecipazione degli zapatisti alle elezioni presidenziali è senza dubbio il richiamo, esplicito all’interno del comunicato, alla questione dei nativi e della terra. L’Esercito Zapatista è la forza ribelle che più di ogni altra ha saputo fare della comunicazione e dell’uso dei mass media una delle sue brillanti strategie. Gli zapatisti sono consapevoli che quella dei nativi e la minaccia alle terre e ai loro usi comuni – di nativi e non – sono questioni che trascendono l’orizzonte politico messicano e possono diventare fattore di coesione di un movimento internazionalista panamericano. Non è fantascienza ma presa d’atto di sommovimenti già in corso: sono innumerevoli le associazioni per la difesa del territorio e dei diritti dei più deboli disseminate per il sud-america, e in Messico le reti sociali e di collaborazione organizzate dagli zapatisti sono moltissime.
Ma un movimento simile può giungere ancora più in là, non a caso gli Zapatisti si richiamano nel loro comunicato direttamente alla protesta della Nazione Dakota contro la costruzione dell’Oleodotto DAPL in Sud Dakota, negli Stati Uniti; consapevoli del carattere internazionale della loro opposizione all’offensiva “contro i popoli del mondo”, che richiede coesione, coraggio, e ribellione.
‹‹Considerando che l’offensiva contro i popoli non cesserà, ma che vorrebbero farla crescere fino a cancellare ogni traccia di ciò che siamo come popoli della campagna e della città, portatori di profondi malcontenti che fanno sorgere anche nuove, diverse e creative forme di resistenza e di ribellione, il Quinto Congresso Nazionale Indigeno ha determinato di iniziare una consultazione in ognuno dei nostri popoli per smantellare dal basso il potere che ci impongono dall’alto e che ci offre un panorama di morte, violenza, spoliazione e distruzione.
Ratifichiamo che la nostra lotta non è per il potere, non lo cerchiamo, bensì che chiameremo i popoli originari e la società civile a organizzarsi per bloccare questa distruzione, rafforzarci nelle nostre resistenze e ribellioni, ovvero nella difesa della vita di ogni persona, ogni famiglia, collettivo, comunità o quartiere. Costruire la pace e la giustizia rifinendoci dal basso, da dove siamo ciò che siamo.
È il tempo della dignità ribelle, di costruire una nuova nazione per tutte e tutti, di rafforzare il potere dal basso e alla sinistra anticapitalista, e che paghino i colpevoli per il dolore di questo Messico multicolore››.
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