Daniele Pecci e Maddalena Crippa acclamati per l’ “Amleto” al Quirino
Daniele Pecci riscuote un grande successo al suo debutto, col sensazionale spettacolo Amleto: un suo coraggioso adattamento della nota tragedia Shakespeariana. Lo spettacolo è stato applauditissimo il 18 ottobre, quando è stato messo in scena per la prima volta a Roma, in un Teatro Quirino gremito di spettatori. Sul palco insieme al noto attore Maddalena Crippa, Rosario Coppolino, Giuseppe Antignati e Sergio Basile. Un cast di ben 14 valenti attori in totale, ha portato così in scena un Amleto anticonvenzionale, che in un primo momento ha sorpreso il pubblico, finendo poi per conquistarlo come hanno dimostrato i tantissimi applausi finali.
Daniele Pecci con quest’opera dopo tanta tv, torna sul palco nei panni di Amleto, dimostrando di essere molto più che un bel volto televisivo. Ed è chiaro sin dall’inizio che voglia prendere le distanze da questo retaggio: il suo Amleto appare infatti in scena barbuto e un po’ trasandato, con l’aria d’un trentenne qualunque d’oggi. Pecci dà vita ad un Amleto arguto, tormentato e assetato di giustizia, la cui più letale arma è il sarcasmo, al disotto del quale è però indifeso dinanzi a ben peggiori malizie.
La sua straordinaria interpretazione è potente, ironica, ricca di sfumature e strappa l’applauso al pubblico a scena aperta più volte, ma soprattutto nella scena fortemente drammatica del dialogo con Ofelia, e poi dopo nel confronto terribile e “violento” con la madre Gertrude, interpretata dalla bravissima Maddalena Crippa.
La Crippa delinea con puntualità un personaggio complesso, velatamente sensuale, una madre civettuola e superficiale, corrotta da un peccato incestuoso, che nasconde dietro una finta sicurezza tutta la sua debolezza. Maddalena Crippa esprime al massimo questi due aspetti, la tenerezza della madre e la donna lasciva e corrotta, lacerata da un senso di colpa crescente, offrendo un’interpretazione davvero notevole.
Maria Chiara Di Mitri, è convincente nella parte dell’ingenua Ofelia e raggiunge il momento migliore della sua performance nella scena della pazzia, impreziosita anche dalle sue eccellenti doti canore.
Molto bella l’interpretazione di Rosario Coppolino, che nel personaggio di Polonio è uno zelante ciambellano, logorroico ed impiccione. Negli scambi con Amleto, Coppolino dona così con la sua ironia istanti inediti di pura comicità, che il pubblico ha molto apprezzato.
Degna di nota la scenografia, molto contemporanea ed essenziale: l’ “Amleto” del Quirino non si svolge infatti in un grigio palazzo medievale, ma come in un mosaico, prende le mosse tra ampie lastre di allumino dorato, che pendono dal soffitto fino a terra, evocando le mura di una dimora gentilizia. La scenografia diviene così parte integrante dell’azione, sfruttata efficacemente per creare effetti sonori di sicuro impatto che danno veemenza ad alcune scene.
La ricerca di contemporaneità di Daniele Pecci in veste di regista, si conferma con la collocazione dell’azione scenica negli anni ’30 e la scelta di costumi semplici che rimandano a quegli anni, probabilmente più vicini alla sensibilità dello spettatore odierno rispetto al ‘600.
Il testo sebbene fedele all’originale è stato leggermente tagliato, e tradotto in un linguaggio più attuale per ricavarne una prosa più immediata. Eliminati i simbolismi ed i toni “esageratamente” aulici lontani dallo spettatore contemporaneo, resta la vera essenza di questo eterno dramma su cui il regista si concentra, ovvero l’infelicità della condizione umana, e i fardelli del destino che l’uomo deve affrontare: il tradimento, l’invidia, l’amore non corrisposto, la paura, la morte.
Molto originali le soluzioni sceniche, talvolta mutuate dal linguaggio cinematografico moderno, che imprimono una fortissima attualità al testo, rendendolo più vicino allo spettatore. Le guardie sui bastioni di Helsingør per esempio, con gli attori che compaiono ad uno ad uno dal buio, come fossero spettri anch’essi; la fantastica scena dei becchini; o l’apertamente dissacrante momento, che avrà fatto un po’ sorridere alcuni, del re usurpatore che si spoglia, ed in camicia e calzini, ha una breve crisi di coscienza.
Da notare infine, quasi rubate alla pittura, le “mise en place” degli attori sia nel duello finale che nella scena meta-teatrale dello”spettacolo a corte”. Luci ed effetti sonori speciali vengono usati a profusione, e danno forma in modo originale anche al fantasma del re defunto.
Se l’ intento era quello di modernizzare Amleto senza tradirne l’anima, possiamo dire che lo spettacolo è perfettamente riuscito. Ottima performance anche per tutti gli altri attori della Compagnia,che come strumenti ben accordati in un’orchestra, contribuiscono ognuno all’eccellente resa finale dello spettacolo. Tra essi spicca l’interpretazione del vigliacco re Claudio, un vero campione di meschinità ed vigliaccheria.
Sensazionale quindi e assolutamente da vedere questa versione “coraggiosa” e attualizzata dell’immortale testo shakespeariano che vuole parlare soprattutto ai più giovani e portare a teatro un pubblico trasversale. Adatto a tutti, è a nostro avviso lo spettacolo da non perdere in questo autunno teatrale.