Kihò. Sogni in libertà al Centrale Preneste Teatro
Domenica 23 ottobre va in scena a Centrale Preneste Teatro, Kihò. Sogni in libertà, uno spettacolo della Compagnia Orma del Leone, regia di Thomas Limbosch con Andju Ormeloh. Un lavoro teatrale incentrato sulla necessità e sull’importanza di credere nei propri sogni. Ce lo racconta l’attrice Andju Ormeloh.
“L’infanzia non ha tempo. Man mano che gli anni passano bisogna conservarla e conquistarla, nonostante l’età” scriveva Emmanuel Mounier in Rivoluzione personalista e comunitaria nel 1935. Andju Ormeloh, da dove nasce la sua passione del teatro per i bambini e qual è il suo rapporto con il piccolo pubblico?
La mia passione verso il teatro infantile nasce quando, terminata la scuola di teatro, fui ingaggiata da una compagnia belga molto conosciuta, il “Tof Théâtre”: è stato un lavoro e un percorso molto interessante. Il mio rapporto con il piccolo pubblico? Davvero intimo: i bambini sono delle creature aperte mentalmente ed è possibile comunicare con loro attraverso i racconti di genere fantastico. Non solo: sono in grado di immedesimarsi nel personaggio e dunque vivono la storia in prima persona. Sono sicura che dentro ognuno di noi, il bambino che era, è rimasto vivo. È proprio a quel bambino a cui io voglio parlare: è per questo motivo che i miei spettacoli sono indirizzati anche agli adulti.
Kihò. Sogni in libertà, oltre ad essere il titolo dello spettacolo è già di per sé un contenitore di informazioni che ci guida in direzione della dimensione infantile. Qual è stata l’idea di base, o la spinta emotiva, che ha portato all’ideazione di questo progetto, al di là del messaggio sull’importanza di credere nei propri sogni?
Questo progetto è frutto di anni di lavoro con le bolle. Una cosa a cui credo profondamente è che per vivere è necessario sognare. E le bolle fanno sognare, così, piano piano, è nata la storia di Kihò. Sogni in libertà.
Contrapposto alla serenità del sogno, vi è quella sensazione d’angoscia causata dall’incubo, l’altra faccia della medaglia del mondo onirico. Ma l’incubo non è soltanto astratto bensì un dato concreto nella realtà quotidiana: quali sono, secondo lei, le brutte abitudini che influiscono negativamente sulle nostre vite?
Le rispondo brevemente. Il modo frenetico in cui viviamo attualmente, ci toglie la possibilità di assaporare, di godere delle piccole cose che compongono la nostra esistenza. Immaginare, allora, diventa un pensiero utopico. Così, mentre la televisione e i giochi virtuali sognano al posto nostro, le paure e i brutti pensieri ci rendono cupi e tristi.
In scena, a creare la magia, vi sono le bolle di sapone presentate come metafore della vita. Potrebbe illustrarmi meglio, dal suo punto di vista, questo concetto?
In Kihò. Sogni in libertà, le bolle rappresentano la dimensione onirica e sono proprio questi oggetti, fatti di sapone, a consentire che il viaggio di Yumé, (il protagonista della vicenda), a bordo di una navicella spaziale, possa cominciare. La vita senza sogni è come un carburante spento: senza energia e senza scintille. Il fatto che Yumè, attraverso l’interazione diretta con il pubblico, abbia bisogno proprio dei loro sogni, genera un esercizio volto a riaprire la mente e a portarla sul palco immenso della fantasia.
Creatività e fantasia sono le colonne portanti dello spettacolo, strumenti necessari per avviare con leggerezza un riflessione sulla nostra esistenza. Quanto è importante che gli adulti, insieme ai bambini, conservino il potere dell’immaginazione e la capacità di continuare a sognare nonostante le difficoltà attuali?
La creatività, la fantasia, il sogno sono strumenti necessari alla nostra sopravvivenza. Le difficoltà nella vita sono innumerevoli, è vero, ma non bisogna mai arrendersi. Il cambiamento può avvenire.
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