istruzione onlineIl futuro è l’istruzione online. Niente più Socrate, né rapporto maestro-allievo. Il digitale supera l’umano e i nuovi strumenti di comunicazione potrebbero soppiantare il nostro modo di concepire l’apprendimento. Il sondaggio pubblicato da Polycom azzarda una previsione che incanta alcuni, ma preoccupa molti altri: entro il 2025 la maggior parte dell’insegnamento avverrà online.

Il 72% del campione di professionisti del mondo dell’istruzione intervistato da Polycom ritiene di avere oggi un ruolo essenziale nell’insegnamento, ma solo il 40% si questi crede che continuerà a essere così tra una decina d’anni. Anzi, più del 53% degli intervistati vede nella video-collaboration in tempo reale e nell’uso dei dispositivi mobili il futuro dell’istruzione. L’interazione tra insegnante e studenti potrebbe quindi non avvenire più nelle classi delle scuole ma attraverso la comunicazione digitale.

Un tema che divide, poiché se alcuni ritengono sia necessario porre attenzione e implementare la personalizzazione dell’esperienza studente-apprendimento e insistono sui vantaggi che offrono le nuove tecnologie; altri mettono in guardia dai rischi che esse comportano, come il deficit di relazionalità che deriverebbe da una digitalizzazione dell’apprendimento e l’uso “politico” e manipolatorio cui i nuovi media e i nuovi strumenti di apprendimento possono essere soggetti.

Sebbene la notizia possa affascinare molti, permane un certo scetticismo sulla possibilità realistica della comunicazione digitale di soppiantare il rapporto interpersonale in carne ed ossa tra chi trasmette un sapere e chi lo riceve. A far storcere il sorriso è anzitutto il dubbio legittimo sull’obiettività del sondaggio: lungi dal presumere un tentativo di manipolazione dell’opinione da parte di Polycom va comunque rilevato che Polycom è una multinazionale statunitense quotata al Nasdaq, impegnata nella vendita di soluzioni per videoconferenza e teleconferenza.

Un’indagine di mercato quindi, né più né meno. Da prendere con le dovute cautele in quanto, è ovvio, nessuno amerebbe farsi volontariamente una cattiva pubblicità.

 

@aurelio_lentini

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