riforma costituzionale

Nuova settimana, nuova puntata dello speciale Ricostituente sulla riforma costituzionale. Le ultime dichiarazioni dell’ambasciatore Usa in Italia e dell’agenzia di rating Fitch lasciano intendere come il quesito referendario del prossimo ottobre (?) sia legato non tanto alla vita dell’attuale esecutivo quanto piuttosto a un interesse sovranazionale per il nostro ordinamento. Nella prima puntata riguardo l’art. 55 avevamo scritto della magica scomparsa del termine “nazione” in alcune parti della nuova Carta Costituzionale e del ruolo del nuovo Senato (non eletto dai cittadini) in merito alle politiche Europee: opinioni ed ingerenze esterne di questo tipo sembrano darci ragione.

 

I TEMI: La scorsa settimana abbiamo affrontato i temi riguardanti gli artt. 116 e 117, aprendo così il discorso su enti locali e titolo V. Oggi approfondiamo sviscerando materie dal maggior tasso tecnico, cercando come sempre di affrontarle con il beneficio della buona esposizione. Si parla di art. 118 (principio di sussidiarietà tra Stato ed enti locali) e delle novità in questo introdotte; della parte finanziaria riguardo gli enti locali (art. 119); infine un cenno al nuovo art. 120 in tema di poteri sostitutivi del governo.

 

L’ANALISI: L’art.118 della nostra carta si occupa di regolare il rapporto tra Stato ed enti locali. Lo fa attraverso il cosiddetto principio di sussidiarietà, teso a suggerire l’intervento delle istituzioni in tema amministrativo esclusivamente laddove cittadini o livelli amministrativi inferiori siano impossibilitati ad agire per conto proprio. Sotto questo punto di vista, senza addentrarci nell’analisi di questo principio, tutto sembra rimanere invariato (più tardi vedremo che alcuni cambiamenti, seppur non di enorme portata, ci sono stati). Le novità riguardano l’eliminazione del termine “province” dal testo costituzionale (evoluzione normativa che segue la legge Delrio), l’elevazione a livello costituzionale del diritto paesaggistico e ancora una volta (ne avevamo già discusso qui) il richiamo nella Carta costituzionale riguardo la trasparenza, il principio d’efficienza e la responsabilità degli amministratori.

 

All’art. 119 il pareggio di bilancio resta fermo in costituzione e nessuno ha ben pensato di rimuoverlo. Viene inoltre inserito al quarto comma un meccanismo di efficienza amministrativa sotto controllo statale avente la funzione di fissare indicatori di riferimento di costi e fabbisogno per le spese degli enti locali. Alcuni intendono questa modifica come un ulteriore e nocivo accentramento nelle mani statali del potere amministrativo. Altri invece lo vedono come un utile contrasto agli sprechi finanziari degli enti territoriali. Difficile dire chi abbia ragione ad oggi.

Certo è che la drastica eliminazione delle province dal testo costituzionale pone una serie di problemi: queste erano infatti (quando funzionavano) le macchine amministrative più vicine ai cittadini e svolgevano un’utile funzione di raccordo tra lo Stato e le regioni. Il governo giura (e lo mette nero su bianco) di averle eliminate per sempre, ma l’art. 40 delle disposizioni finali del testo di riforma ci dice che «per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale. Il mutamento delle circoscrizioni delle Città metropolitane è stabilito con legge della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione». Ciò che si deduce da questo cavillo è un insensato disordine giuridico circa il funzionamento di questi nuovi enti. Si abbandonano le province per taglio dei costi e inefficienza e si arriva a stabilire la formazione di enti di area vasta su cui pendono competenze incrociate di Comuni, Stato e Regione. Si poteva fare di più.

 

All’art. 120 è infine oggi previsto il parere preventivo del Senato in merito al potere sostitutivo del governo nei confronti degli enti territoriali: questo interviene quando regioni, città metropolitane o comuni non rispettino norme comunitarie o internazionali ovvero in caso di «pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali». Tradotto: non rispetti il pareggio di bilancio fissato in costituzione? Lo Stato si sostituisce nelle tue funzioni grazie al parere (a nostro dire inutile, visto che è prestato salvo casi di motivata urgenza e tutti sappiamo cosa quest’ultima rappresenti per il nostro Paese) di un Senato non eletto e il governo assume così il potere di inserirsi nelle politiche locali. A quest’ultimo è inoltre conferito diritto di rimuovere titolari di governo regionali o locali dall’esercizio delle proprie funzioni.

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@federicolordi93