Il volto di Rio de Janeiro dopo le Olimpiadi
Più di diecimila atleti – provenienti da 200 paesi – quest’anno hanno gareggiato nella città brasiliana Rio de Janeiro. Questa grande metropoli, definita la città dei contrasti, se da un lato è uno dei centri economici e politici del paese, dall’altro – paradossalmente – è un luogo dove l’enorme divario tra ricchezza e povertà è notevole, in cui esistono fenomeni ormai persistenti di marginalizzazione e di esclusione sociale. È la capitale dell’omonimo stato confederato, paese con profondi problemi irrisolti, oggi ampliati quanto mai da uno sviluppo che fatica a incrementare in maniera omogenea risorse per l’intera città. Basti pensare che tra le periferie dei quartieri residenziali più agiati sorgono le favelas, villaggi in cui la povertà diventa il fulcro di drammatiche realtà composte da bambini, donne, uomini che vivono nel terrore non solo delle bande criminali, ma anche della polizia.
Tutto ciò ha fatto da sfondo ai Giochi Olimpici e a breve sarà scenario anche delle Paralimpiadi 2016, ma in molti si chiedono se le strutture olimpiche – sia quelle preesistenti che costruite ex-novo – saranno, alla fine dell’evento sportivo, messe a disposizione delle popolazioni brasiliane più povere, per offrire loro un ausilio e per sanare, parzialmente, un divario sociale scalfito in radici profonde. Ma, oltre alla speranza che le strutture olimpiche possano essere utilizzate a scopo sociale, assistenziale e umanitario per gli abitanti del posto, c’è l’aspettativa di poter restituire ciò che è stato tolto agli abitanti di Vila Autòdromo.
La realtà sconvolgente di Vila Autòdromo
Tra le tante favelas di Rio de Janeiro, fino qualche mese prima delle olimpiadi, esisteva Vila Autòdromo, un piccolo villaggio di pescatori situato all’estremità della laguna Jacarepagua dove, nonostante l’assenza di servizi pubblici essenziali, le 600 famiglie che vivevano lì si sentivano parte di quel posto. Ciascuno di loro, infatti, difese la propria abitazione senza risparmiarsi, fino a quando le autorità brasiliane non li sfrattò e sradicò le loro case, per la costruzione delle strutture necessarie allo svolgimento dei Giochi Olimpici 2016. Una faccenda sconvolgente se solo si pensa che le Olimpiadi di Rio2016 sono state promosse come evento sportivo mondiale fondato sul tema dell’inclusione sociale e dei valori universali.
Cosa lasciano le Olimpiadi 2016 a Rio de Janeiro
Le Olimpiadi di Rio 2016, dopo aver schiacciato alcune popolazioni di nativi, hanno avuto il loro “trionfante” inizio il 5 Agosto scorso, tra la zona di Copacabana, Maracana, Deodoro e il villaggio olimpico costruito a Barra da Tijuca. Come già stabilito dalle autorità brasiliane, al termine dei Giochi Olimpici alcune strutture saranno smantellate e ricostruite, come ad esempio l’Arena of The Future che, a seguito delle partite olimpioniche di palla a mano, sarà trasformata in quattro scuole pubbliche. Un utilizzo diverso sarà fatto, invece, del Deodoro Sport Complex, l’Hockey Olympic Centre, il Caboe Slalom Stadium, la Youth Arena e la Mountain Bike Track che diventeranno la seconda più grande area di svago e divertimento della città.
La Favela Rocinha
Tra le tante favelas persistenti a Rio de Janeiro, una tra le più famose favelas è la Rocinha, un piccolo villaggio che si può visitare con un itinerario organizzato, per regalare ai turisti la possibilità di osservare da vicino una realtà essenziale, in costante pericolo, ma allo stesso tempo indifesa e autentica. Le favelas, infatti, sono per la maggior parte costruite in cemento e le strutture sociali quali scuole, ambulatori, centri sportivi si basano su organizzazioni volontarie delle comunità.
Dalle spiagge di Copacabana a Bara alla Foresta Tijuca
Nonostante le numerose problematiche vissute dai popoli più poveri, la bellezza di Rio De Janeiro è infinita e variegata: dalle lunghe spiagge di Copacabana e Ipamena si passa alla più grande area verde urbana del mondo, ossia la foresta Tijuca, situata sulle zone costiere del Sudest brasiliano. Altra meta imprescindibile per i turisti è l’imponente statua del Cristo Redentor, visibile da qualsiasi parte della città per l’altura su cui è posta, simbolo stesso di Rio De Janeiro; e ancora la spiaggia di Bara, che lunga più di dieci chilometri si affaccia sull’acqua limpida dell’Atlantico, regalando ai surfisti del posto la meravigliosa esperienza di domare le imponenti onde dell’oceano.
A fronte della bellezza di Rio de Janeiro che quest’anno ha ospitato i Giochi Olimpici, è bene citare un certo atleta e giornalista britannico Chris Brasher: “C’è qualcosa di indefinibile nelle Olimpiadi che scaturisce dall’anima, e deve essere preservata”; non da meno, noi aggiungiamo, devono essere preservati, insieme ad essa, i luoghi in cui vengono ospitate, rispettando i nativi, le loro dimore e la loro realtà, perché solo in tal modo riusciremo a conservare la bellezza culturale e artistica di ogni parte del mondo. Dunque, non ci resta che vedere cosa accadrà a Rio De Janeiro una volta terminate le Paralimpiadi per comprendere se saranno mantenute quelle promesse pre-olimpiche di restituire ai popoli nativi di Rio ciò che gli è stato sottratto.
Torna alla HomePage Lineadiretta24
Leggi altri articoli dello stesso autore
Twitter: @valeriasantare2