Amatrice, 200 morti soltanto nella città del reatino (Video e Foto)
Quando il terremoto ha colpito la città di Amatrice, nessun tentativo di fuga è stato possibile: la terra ha tremato nella notte tra martedì e mercoledì, sorprendendo le persone nel momento della fragilità del torpore. E come scrisse Petrarca, “Ai terremoti non v’è rimedio alcuno. Se il cielo ci minaccia con le folgori, pure si trova stanco nelle caverne. Ma contro i terremoti non vale la fuga, non giovano nascondigli”.
L’orologio segnava le 3.36 del mattino, quando una prima e violentissima scossa sismica a soli 4 chilometri di profondità, si è diffusa dalla superficie di Accumoli, in provincia di Rieti, nel Lazio, ai paesi vicini per 142 secondi. Accumoli è un teatro di macerie, la città non esiste più e Amatrice è in ginocchio. Ma quando la terra vibra, non lo fa mai per una sola volta: all’incirca 300 scosse, con apici di 5,1 magnitudo alle ore 4.32 e 5,4 alle 4.33 e un minuto dopo quella più lunga fino ad arrivare alla scossa delle 14 del pomeriggio. Secondo quanto riportato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il numero delle scosse a partire dalle 3.36 è salito a circa 450 sismi. Nonostante i soccorsi siano stati repentini, la consapevolezza della tragedia scaturita dal cataclisma era già palpabile nell’aria. Il terremoto non si arresta: una nuova scossa di magnitudo 4,5 si è registrata questa mattina alle 5.17 (25 agosto) con epicentro tra Accumoli, nel Reatino, e Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno.
“Quando ho visto che la storica porta di Amatrice era andata giù, ho capito il dramma. Il paese non esiste più ma risorgeremo. Il difficile sarà riparare la contabilità dei morti e dei danni, svuotare le macerie, evitando gli errori fatti all’Aquila, 30-40 chilometri in linea d’aria, l’altra grande tradita dalla terra quasi sette anni fa”, ha dichiarato il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi. Amatrice non esiste più, il comune non esiste, le case secolari che raccontavano la storia di Amatrice, sono scomparse e l’ospedale, struttura necessaria alla sopravvivenza, è completamente inagibile. Sempre ad Amatrice è crollato lo storico Hotel Roma che ospitava 70 persone. Danni registrati nella basilica di San Francesco e nella chiesa di Sant’Agostino. Il centro storico è un cumulo di macerie e lacrime. E poi ci sono le vittime.
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Sale a 247 il numero delle vittime nei territori colpiti dal terremoto, solo ad Amatrice i morti sono 200. Fra i tanti, i due gemelli di 7 anni, Simone e Andrea Serafini: il primo ucciso dal crollo di una palazzina, il secondo dopo un tentativo di rianimazione. Marco, 26 anni, figlio del questore Filippo Santarelli, ha perso la vita nella casa dei nonni. Ezio Tulli e i suoi due figli di 12 e di 14 anni si trovavano in vacanza ad Amatrice: tutti e tre morti a causa del crollo di un palazzo. Un altro bambino di 11 anni, che si era sentito urlare aiuto più volte, non ce l’ha fatta. Negli occhi dei sopravvissuti soltanto disperazione.
Ad Amatrice sono presenti anche i rinforzi per i soccorritori inviati dalla Nbc Interforze dell’Esercito da Rieti. I militari , insieme ai vigili, ai forestali e ai tanti volontari continuano a scavare, a mani nude, nel tentativo che la vita sorprenda loro. “Al dato ufficiale dei 247 deceduti, i feriti ospedalizzati sono 264. Le operazioni di ricerca sono andate avanti per tutta la notte e andranno avanti fino a esaurimento delle attività”, ha dichiarato la portavoce della Protezione Civile durante una conferenza stampa.
Nel 1908, su Rassegna Nazionale, Giuseppe Mercalli scrisse che la sismologia non sa dire quando, ma sa dire dove avverranno terremoti rovinosi, e sa pure graduare la sismicità delle diverse province italiane, quindi saprebbe indicare al governo dove sarebbero necessari regolamenti edilizi più e dove meno rigorosi, senza aspettare che prima il terremoto distrugga quei paesi che si vogliono salvare.
E se solo lo si ascoltasse, si eviterebbe di regolamentare o di costruire edifici antisismici soltanto alla luce delle tragedie. Ma questo è il nostro problema. Si agisce soltanto di fronte alle catastrofi chiaramente evidenti e irreversibili.
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