Aumentano gli occupati a giugno, ma a trainare sono le PI

Un noto spot recitava “ti piace vincere facile?” E poi la musichetta inconfondibile di sottofondo. Questo sembra anche il jingle degli ultimi mesi in cui non si fa altro che sentire come siano aumentati i posti di lavoro, gli occupati, mentre il Governo si prende tutto il merito attribuendo il “piccolo miracolo all’italiana” al Jobs Act.

Ma se poi si va più nel dettaglio e si fanno le dovute considerazioni, ecco come stanno veramente le cose. Per farsi un’idea di quanto questa sia solo una verità di comodo, basta prendere gli ultimi dati Istat: a giugno del 2016 gli occupati salgono a 71 mila, segnando quindi un +0,3% rispetto al mese di maggio. Rispetto al giugno dello scorso anno, quindi del 2015, invece, siamo a 329 mila occupati. Ora, è chiaro che se ci si sofferma su quest’unico dato tutto sembra molto bello ed è chiaro che la tendenza è in positivo, per cui alcuni potrebbero essere anche autorizzati a pensare che finalmente questa benedetta ripresa stia iniziando a farsi vedere.

Se però andiamo a vedere come veramente sono composti questi numeri, ci rendiamo conto che a essere aumentate sono le partite IVA con un +78 mila rispetto al mese di maggio e con un +83 mila rispetto al giugno dell’anno passato. Restano stabili, invece, i posti di lavoro fisso. Cosa significa? Semplicemente che il Governo e i mass media stanno dando buone notizie sulla scia dell’intraprendenza (o forse disperazione) di chi ha chiesto magari un prestito d’onore per avviare un’attività (approfondimenti su prestito d’onore) e mettersi in proprio perché il posto di lavoro non riusciva a trovarlo e allora se lo è creato a proprio rischio e pericolo.

Sappiamo molto bene, inoltre, che molte partite IVA non indicano un vero lavoro indipendente, ma bensì vengono utilizzate come stratagemma dalle aziende che non vogliono assumere e che dunque ti fanno lavorare come un normale dipendente, con orari di lavoro da dipendente, ma con trattamento economico e oneri da partita IVA, magari con un contratto di collaborazione coordinata. C’è quindi da stare allegri? Assolutamente no, perché questa sembra essere più una bella favola per placare gli animi piuttosto che uno spaccato realistico della condizione attuale laddove, da giugno in poi, la disoccupazione è tornata a salire.