Cosa sta succedendo a Falluja
Prosegue in Iraq il conflitto per liberarsi dalle forze jihadiste. Il mirino della stampa internazionale è in questo momento puntato sulla città di Falluja, prima città Irachena in ordine temporale a cadere sotto l’influenza dell’Isis nel gennaio del 2014. Come hanno riportato numerosi organi d’informazione negli ultimi giorni, le forze governative, coadiuvate dall’appoggio aereo della coalizione internazionale, hanno costretto le milizie dello Stato Islamico all’interno del centro città (l’offensiva è partita tra il 22 e il 23 maggio scorso). A preoccupare l’Onu e altre ong di tutto il mondo è però quello che sta succedendo in seguito alle prime offensive: sembra infatti che gli uomini di Al Bagdadi stiano bloccando all’interno di Falluja migliaia di locali onde proteggersi da eventuali bombardamenti delle forze governative. Il copione è sempre lo stesso, i primi combattimenti si sviluppano nei villaggi alla periferia dei grandi centri abitati, evolvendo poi in un vero e proprio assedio dove ogni mossa potrebbe rivelarsi preziosa per il risultato finale.
Stavolta la mossa dei 1500 jihadisti bloccati nel centro della città è stata quella di imprigionare la popolazione, tra cui si annoverano anche 20000 bambini come spiega Peter Hawkins «’L’Unicef ritiene che circa 20mila bambini siano rimasti intrappolati nella città […], ‘I bambini rischiano di essere arruolati e costretti a combattere», usando la stessa come una sorta di scudo umano.
Tunnel che collegano il centro abitato con i campi all’esterno per far passare rifornimenti di armi e approvvigionamenti, bambini utilizzati trasformati in milizie e popolazione civile costretta a morire di fame e sete: sono tutti elementi che ricorrono ogni volta che una città della Siria e dell’Iraq viene liberata dall’oppositore. Ve ne avevamo già parlato a gennaio in occasione dell’analoga situazione a Madaya, Siria. In quell’occasione mancò del tutto l’attenzione della stampa occidentale, giunta solo quando c’era bisogno di dare addosso alle forze governative di Assad. Un’informazione forte e presente andrebbe invece fornita per ogni occasione, i morti di Falluja valgono quanto quelli di Madaya.
Le nazioni unite hanno comunicato attraverso un report che nella scorsa settimana 3700 persone sono riuscite a fuggire dalla città, sfuggendo alle ingiustizie dei miliziani. Lo stesso ufficio dell’organizzazione internazionale ha inoltre dichiarato che «il 28 maggio ci sono state vittime tra le persone nel centrocittà a causa di bombardamenti dall’esterno, inclusi 7 membri di una famiglia».
Il vero punto interrogativo in tutta questa vicenda è l’efficacia della propaganda Isil sulla popolazione locale. Ad oggi, come riporta Panorama, i civili sunniti di Falluja sarebbero molto più preoccupati delle «rappresaglie delle milizie e dell’esercito a maggioranza sciita ancora di più di quanto non tema[] gli islamisti». Certo è da domandarsi come questo sia possibile, dato che a giorni potrebbe scatenarsi un epidemia di colera, i rifornimenti alimentari sono nulli e le risorse idriche sono vicine all’esaurimento. E’ vero che lo stato Islamico utilizza mezzi spudorati per far presa sulla popolazione (come trasformare il videogioco Gta in un simulatore per giovani terroristi), ma in occasioni come quella di Falluja riesce davvero difficile credere che la folla non ne abbia abbastanza delle sofferenze patite.
Ad ogni modo, le Nazioni Unite avrebbero chiesto a gran voce la creazione di corridoi umanitari per favorire la fuga delle 10000 famiglie presenti in città, mentre vari analisti sono concordi nell’affermare che il conflitto non si protrarrà ancora a lungo dato lo stato di totale destabilizzazione in cui Falluja oggi si trova.
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