Elezioni USA 2016, 5 cose da sapere su Donald Trump
«Un pericolo per la nazione e per il mondo». Il soggetto di una tale, apocalittica sentenza è Donald Trump, da pochi giorni ufficialmente candidato repubblicano alla corsa per le elezioni USA 2016; un uomo che di certo non si è visto risparmiare aspre critiche nel corso degli ultimi mesi. L’ultimo attacco al magnate arriva, stavolta, dal Washington Post, che descrive la sua vittoria come un problema «che il Paese deve affrontare e superare» in un duro (quanto inusuale) editoriale. Certo è, che fino a qualche mese fa in pochi avrebbero scommesso sull’ufficializzazione della sua candidatura, arrivata nei giorni scorsi durante la Convention Repubblicana a Cleveland. Figlio di un investitore immobiliare di New York, la sua popolarità ha conosciuto un’ascesa che nessuno aveva previsto e che ha sorpreso i sondaggisti e preoccupato i leader internazionali. Le costanti polemiche che hanno accompagnato la sua campagna elettorale l’hanno reso, senza ombra di dubbio, il candidato alle elezioni presidenziali statunitensi più controverso di sempre.
Una candidatura inaspettata
Il primo incontro tra Donald Trump e la politica risale alle primarie per le elezioni presidenziali del 2000, quando si presentò tra le fila del Reform Party e sconfisse il suo leader, Pat Buchanan, in California. Nel 2016 si propone per il Partito Repubblicano e vince le primarie con quella che ha più la fisionomia di una candidatura di protesta, che di un progetto politico vero e proprio. Ma nonostante il malcelato disappunto dei suoi stessi colleghi di partito, Trump è riuscito comunque a vedere confermata la sua candidatura per le elezioni USA 2016 che si terranno l’8 novembre. La crescente popolarità del Tycoon è pari solamente al numero dei suoi detrattori. Secondo il giornalista del New Yorker Mark Singer – autore del libro Trump and me – la nomination del magnate newyorchese sarebbe nata come un bluff, tanto che persino il suo stesso staff credeva di poter ottenere al massimo il 12% dei voti repubblicani. Secondo Singer, persino Paul Manfort – capo della campagna elettorale di Trump – avrebbe dichiarato che il suo vice dovrebbe essere «una persona esperta che possa fare il lavoro che Trump non vuole fare». In altre parole, conclude Singer, «l’arroganza di Trump è superata solo dalla sua pigrizia».
Il modello Trump
Il successo di Donald Trump è dovuto soprattutto ad una strategia aggressiva e all’uso di modi eccessivi e spesso offensivi. Ma le sue numerose provocazioni, lungi dallo scalfire minimamente il suo successo, sembrano aver gonfiato la sua popolarità. Riguardo i temi più importanti del suo programma, Trump ha cambiato idea spesso e senza dare troppe spiegazioni, arrivando a impersonare l’emblema dello svuotamento di contenuti della politica. È il caso del sostegno alle attività di Planned Parenthood, un’organizzazione che aiuta le donne ad abortire. Peccato che poi il Tycoon abbia fatto retromarcia, proponendo di incriminare coloro che scelgano di interrompere una gravidanza. Stessa indecisione anche a proposito del controllo sulla vendita di armi, così come in politica estera. Ma secondo lo scrittore statunitense Dave Eggers «i suoi sostenitori non sono interessati al suo programma. Gli americani che hanno votato per Trump non lo hanno fatto perché sono d’accordo su tutto quello che dice o promette, ma perché è divertente. È un’attrazione volgare e accattivante, un ottimo attore comico. Il fascino che esercita è rafforzato da questi comizi e dai mezzi d’informazione, e dietro non c’è nessuna sostanza, solo il suo desiderio di dire cose folli in modo sguaiato». In sostanza, il “marchio” Trump funziona perché le sue proposte sono più radicali di quelle dei suoi concorrenti e perché in un momento di gravi tensioni globali la promessa di “rendere gli Stati Uniti di nuovo grandi” suona convincente a tutti quegli americani spaventati dalla minaccia di un’America sulla via del declino.
Elezioni USA 2016: tra populismo ed estrema destra
Con la sua retorica populista e anti-immigrati, Trump incarna i sentimenti e le idee del Partito Repubblicano in modo tanto esplicito quanto eccessivo. La stessa recente nomina del governatore dell’Indiana Mike Pence come suo braccio destro nella corsa alla Casa Bianca lascia intendere uno stretto legame tra Trump e l’ala repubblicana più estremista. Pence è infatti famoso per le sue posizioni decise contro matrimonio gay e aborto: nel 2015 fece approvare una legge che permetteva ai proprietari di attività commerciali di vietare l’accesso a persone omosessuali, in virtù del diritto a poter agire secondo i propri principi religiosi.
Trump e le donne
Tra i tanti paradossi che hanno accompagnato la sua candidatura alle elezioni USA 2016 c’è sicuramente il complicato rapporto con le donne. Famosi i suoi commenti sessisti nei confronti di giornaliste, avversarie politiche e donne di successo. Nonostante questo, i suoi comizi godono sempre di un’ampia partecipazione femminile. Riguardo i suoi atteggiamenti spacconi e maschilisti, Trump si è giustificato in tv dichiarando, con candore, di «non avere tempo per il politically correct». Vittima dei deliri verbali trumpiani, naturalmente, anche l’avversaria Hillary Clinton, a cui il magnate si è rivolto più volte in termini non proprio galanti. Come quella volta che twittò: «Se Hillary Clinton non riesce a soddisfare suo marito cosa le fa pensare che potrà soddisfare l’America?».
“Self-made man”
Per molti statunitensi Donald Trump incarna il mito del self-made man, l’uomo del sogno americano: ha collezionato moltissimi successi nel campo delle costruzioni immobiliari, conoscendo una battuta d’arresto solamente in corrispondenza della crisi economica degli anni ’90. Ad oggi, il suo patrimonio è stimato a circa 8,7 miliardi di dollari. Nonostante un innegabile talento per gli affari, definirlo l’emblema del sogno americano sembra paradossale: l’uomo che ha promesso di salvare gli Stati Uniti dalla crisi economica ha potuto infatti contare su un solido capitale, iniziando a lavorare nella compagnia del padre Fred. Che diventi o meno Presidente il prossimo 8 novembre, è chiaro che a Trump non dispiace riscrivere la storia a proprio piacimento. Sogno americano incluso.
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_