Turchia, dichiarato stato di emergenza per 3 mesi

Dopo il colpo di stato in Turchia nulla è più come prima. Un vero e proprio bollettino di guerra: 246 morti, 1.500 feriti e più di 9.300 arresti. Il golpe fallito non ha fatto altro che incendiare gli animi di tutti i nazionalisti islamici. Secondo Erdogan, il golpe sarebbe stato organizzato da un’oligarchia terroristica, che stava cercando di imporsi sul resto del Paese. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale ha dichiarato lo stato di emergenza di 3 mesi, secondo l’art. 120 della Costituzione, per procedere agli arresti dei traditori o presunti tali.

Turchia stato di emergenza 3 mesi

Erdogan fa sapere che “le decisioni prese dal governo in carica, legittimamente eletto dal popolo turco, non sono contrarie ai principi della democrazia”. Ad Ankara, presso la centrale di polizia, pare si stiano violando i Diritti Umani, a discapito dei golpisti detenuti. Andrew Gardner, esperto analista, facente capo ad Amnesty International, ha reso nota la notizia di molteplici torture perpetrate ai danni dei golpisti. Alcune foto scattate e diffuse sul web dimostrerebbero lo “stato bestiale” del trattamento carcerario turco.

Moltissimi insegnanti turchi sono stati sospesi dall’incarico e allontanati dalle aule, con l’accusa di essere dei “cospiratori infedeli”, e di fare propaganda contro il legittimo governo. Sono state intimate oltre 1.500 dimissioni ai rettori delle Università pubbliche e private. Addirittura è stato arrestato il rettore dell’Università di Gazi, nella città di Ankara. Non solo i militari, ma anche gli accademici quindi sarebbero entrati nell’occhio del ciclone e nel mirino punitivo di Erdogan.

Secondo Amnesty International, con la scusa del fallito golpe e dell’estensione a 3 mesi dello stato di emergenza in Turchia, l’informazione sarebbe stata messa a tacere. Sono stati arrestati 34 giornalisti, ai quali è stato revocato il tesserino. Se la Turchia dovesse reintrodurre “democraticamente” la pena di morte, sarebbero sospese immediatamente tutte le trattative per l’ingresso del Paese nell’Unione Europea.

 

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