Turchia e Unione europea: la resa dei conti?

Il tentato colpo di stato di venerdì in Turchia ha di nuovo confuso le carte sul tavolo delle complicate relazioni tra Turchia e Unione europea. È un periodo buio per l’Unione, alle prese con l’assillante minaccia del terrorismo, l’imminente uscita della Gran Bretagna e la questione dell’immigrazione. Come recita un vecchio detto insomma, i guai non vengono mai soli. All’indomani del fallito golpe, il governo turco ha dato avvio alle purghe. Quasi 80.000 tra epurazioni e arresti per complicità con il Feto – organizzazione accusata di far capo a Fethullah Gulen, considerato la mente del tentato colpo di stato – nell’esercito, nella pubblica amministrazione, nella magistratura e nell’informazione. Ora è toccato al mondo dell’istruzione, con la revoca delle licenze ad insegnanti e il divieto di espatrio.

Turchia e Unione europeaLa preoccupazione dei leader dell’Unione è rivolta alla possibilità paventata dal presidente Erdoğan di reintrodurre la pena di morte per i nemici dello Stato turco. Nell’intervista rilasciata alla CNN, Erdoğan ha infatti affermato che se il Parlamento deciderà per questa opzione, non si opporrà. A nulla quindi sono serviti i moniti dell’Alto rappresentante Mogherini, che al termine della conferenza stampa con il segretario di Stato americano Kerry, aveva affermato «nessun Paese può diventare Membro dell’Ue se introduce la pena di morte», aggiungendo inoltre che dalla sua appartenenza al Consiglio d’Europa deriverebbe il vincolo al rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

L’Unione europea sembra quindi bloccata dinanzi all’escalation di violenze e arresti di massa in corso nel Paese. È rimasto inascoltato il richiamo al rispetto della democrazia e dello stato di diritto. L’allarme è rivolto alle violazioni dei diritti umani in atto. Amnesty International ha avviato delle indagini per confermare la notizia secondo la quale ai detenuti non sarebbe garantito l’accesso all’assistenza legale. L’organizzazione ha esortato inoltre la Turchia a garantire processi equi e perseguire i responsabili di uccisioni e violazioni dei diritti umani. Anche l’accordo tra Turchia e Unione europea sulla gestione dei rifugiati è tornato al centro del dibattito. Secondo il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) «la Turchia non è più un Paese sicuro e l’accordo va superato». Questa argomentazione è stata sostenuta anche dalla presidente della Camera Boldrini, secondo la quale sarebbero venuti a mancare «i presupposti giuridici e politici» per il suo mantenimento. Ma il Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato Hahn ha escluso un allontanamento dal Paese, sostenendo che tra Turchia e Unione europea vi sarebbe un «do ut des positivo per entrambi», pertanto sarebbe «fatale per l’Europa» annullare l’accordo sull’immigrazione.

A ora quindi, non è ancora stata presa in considerazione l’ipotesi di arrestare il negoziato per l’adesione della Turchia. Sono troppe le questioni che la legano al destino dell’Unione. Ma per l’Europa è davvero arrivato il momento di fare delle scelte concrete, per la sua credibilità e per la sua stessa esistenza. Gli attentati terroristici, la gestione della crisi dei rifugiati, Brexit, la Turchia. Non può più tirarsi indietro. È tempo di scegliere.

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