Theresa May, la Tory che risponde al mayday
La nave è persa in mezzo alla tempesta, e Theresa May (Day!) sembra essere l’unica ad avere abbastanza attributi, in mezzo a tanti uomini che ipoteticamente dovrebbero esserne forniti, per governare il timone.
“Oh capitana, mia capitana” verrebbe da recitare con non poca amarezza. Ma è questo il triste spettacolo per il quale l’Inghilterra ci sta offrendo un posto nelle prime file.
Dimentichi della loro tradizione tragica i maschi politici inglesi, (onore al vero tanto “maschi” forse non lo sono mai stati, ma come tali si spacciavano), dopo aver smarrito la spada hanno ritenuto opportuno smarrire anche l’onore e la dignità. Anche le maschie femmine pro-brexit, a dire il vero, non sono state da meno. Ultima in lista “l’avversaria” di Theresa, Andrea Leadsom, ex-ministra per l’energia ritiratasi a sorpresa dalla corsa al premierato. Prima di lei i campioni conservatori della campagna per il leave, l’ex sindaco di Londra Boris Johnson e il suo compare Michael Gove, se l’erano data a gambe levate dal campo di battaglia.
Dopo aver scelto la tempesta insomma (- ehi! Guarda che lì c’è una tempesta!; – Aye marinai! Siamo corsari di Sua Maestà! Avanti tutta!) abbandonare la nave. Così hanno pensato tutti gli eroi del Brexit – o almeno quelli sotto i riflettori: da Farage il grande vincitore, a Johnson l’arcigno, nessuno si è sentito in grado di raccogliere l’eredità, o i rischi, del disastro che aveva contribuito a provocare.
Anche il maschio Dave Cameron, dopo aver perso tutto al braccio di ferro del referendum (prova maschia di muscoli per antonomasia), se ne torna mesto alla sua casina – forse l’unico ad aver mantenuto l’onore e la compostezza protocollare – e lascia tutto in mano a Theresa May: lady di ghiaccio, grigia decana del ministero degli interni che nessuno invidia e tutti blasonano.
Poiché suo malgrado, la prima donna Tory dopo Margaret Stallone Thatcher, recita in questo dramma – in cui padri, figli e nipoti si coprono il volto vergognosi dopo aver dato sfogo ai loro eccessi – la parte della madre. La donna responsabile, la donna stoica in grado di prendere su di sé il dolore che gli uomini spaventa. La madre senza figli, cui spetta il compito di abbracciare in grembo tutti i geniti di Gran Bretagna. Prima della fine.
Ma la fine incombe, dal continente si reclama a gran voce l’applicazione dell’art. 50 del trattato di Lisbona, quello secondo il quale un Paese può richiedere l’uscita dall’Unione Europea; ma Theresa May (Day) cerca di prendere tempo e rassettare casa. Nel suo discorso d’insediamento prova a rassicurare tutti – specie il tanto condannato “popolo” abbandonato dai suoi generali – ma non nasconde, da brava mamma, la gravità della situazione. “Brexit è brexit” aveva commentato poco dopo gli esiti del Referendum, e così dovrà essere.
L’Inghilterra spaurita, impreparata e svergognata si affida a un conservatorismo materno, di una madre che non ne vuole sapere dei figli degli altri, sperando che lei sappia come far sì che le ferite non si infettino.
Tale è la tragedia che gli auguriamo di trovarla davvero, una madre femmina e pacata. Che quella prima di lei era fin troppo maschio.