Cristiano Ronaldo. La trasformazione da campione a capitano

Cristiano Ronaldo è considerato dal mondo intero un grandissimo giocatore, un campione, uno dei due migliori al mondo. L’altro è, ovviamente, Messi. Ma è sempre stato considerato antipatico.

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Il Ronaldo “perfetto”

Perché il calcio è uno sport maschio (che banalità!), seguito per la maggior parte da maschi (mica più tanto vero) e che uno sia forte e pure bello è insopportabile. O meglio, sarebbe sopportabile. George Best era bellissimo, ma era sporco e cattivo, si ubriacava ed era simpatico. E i tifosi lo amavano, non solo quelli del Manchester Utd. Cristiano Ronaldo, invece, oltre a essere bello e curato, ha creato un suo marchio, il CR7: si taglia le sopracciglia, si è presentato agli Europei in collant! Molto, troppo, diverso da George Best. E manca del tutto di umiltà, fa esultanze da sbruffone, è sempre abbronzato, posta su Twitter, dove ha il profilo più seguito del mondo, foto in cui più che fare il calciatore fa il figo. Tutto ciò lo rende insopportabile. O almeno lo rendeva. Perché qualcosa è cambiato. Bello è sempre bello, sia chiaro, gli addominali sono sempre perfetti, l’abbronzatura sempre al punto giusto e quelle maledette sopracciglia sempre curate. Ma ha conquistato, in meno di un mese, il rispetto anche degli amanti del calcio vecchio stile. Cristiano Ronaldo da campione si è trasformato in Capitano. Ma vediamo cosa è successo. Anche se in realtà l’inizio non era stato affatto buono 

 

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Ronaldo innamorato della coppa

Il Portogallo è arrivato a Euro 2016 come outsider. Anzi, diciamocelo, non era proprio previsto potesse vincere. Perché il Portogallo è Cristiano Ronaldo e poco più. Sì, ci sono Nani, Quaresma, ma insomma, scarti di quelle forti. Non campioni. E se il Portogallo poteva fare qualcosa lo poteva fare solo grazie a lui.

All’esordio però il Portogallo stecca. Pareggia con l’Islanda, rivelazione e squadra simpatia della manifestazione. Ronaldo gioca male e fa anche di peggio. A fine partita nelle interviste fa il superiore e dileggia gli islandesi che, comunque, rispondono per le rime e dicono che tanto Messi è meglio di lui. Lo toccano sul nervo scoperto, i nordici. Poi uno scialbo pareggio contro l’Austria e lui ancora a secco, liscia di fronte al portiere, gioca malissimo. Addirittura i tifosi portoghesi storcono il naso su di lui. I maligni dicono che giochi bene solo col Real perché il Real lo paga. Nella partita contro l’Ungheria, Cristiano Ronaldo torna a essere lui: segna due goal magnifici, uno con un colpo di testa imperioso e l’altro con un colpo di tacco. Ma il Portogallo non vince lo stesso. Passa da ripescato e CR7, nonostante la doppietta, è una delle delusioni del torneo. Agli ottavi incontrano la Croazia, vittoria ai supplementari con un goal di Quaresma all’ultimo secondo su tiro (sbagliato) di Ronaldo. Questo Portogallo sembra fortunato, non vince mai nei 90 minuti (ma nemmeno perde) e la sua stella più luminosa continua a latitare. Ai quarti incontrano la Polonia che dopo due minuti passa in vantaggio. Che sia finita la fortuna portoghese? Invece no, acciuffa il pareggio e si va ai rigori. E qui c’è il primo accenno del cambiamento che porterà Cristiano Ronaldo a essere, sì, un campione, ma anche un trascinatore e un vero capitano. Segna il primo rigore, ma non è quello che fa cambiare le cose. I suoi compagni, meno abituati ai riflettori, hanno paura e c’è chi si nasconde. Come Moutinho. Ma Ronaldo sa che tira bene e che ha pure più esperienza degli altri. Lo va a cercare, lo chiama, lo sprona, gli dice che segnerà sicuramente, infonde coraggio e Moutinho effettivamente segna. Sembrerebbe una cosa da poco. Invece è solo l’inizio.

 

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Le lacrime di gioia al fischio finale

In semifinale l’avversaria è il Galles del suo compagno di squadra Bale, lui sì trascinatore dei suoi compagni. Ma Cristiano Ronaldo torna a essere lo straordinario campione che conosciamo: fa uno stacco di testa degno di un saltatore in alto e porta in vantaggio i suoi, dopo pochi minuti serve a Nani il raddoppio. Finalmente ha giocato come sa, finalmente è stato leader, finalmente il Portogallo vince una partita. La gioia di Ronaldo è speciale. Diversa. Intensa. Perché è evidente che, per un campione come lui è, non è più questione di soldi (è lo sportivo più pagato del mondo) e non è questione solamente di trofei. La questione è vincere con la maglia della nazionale. La questione è arrivare dove non è arrivato Eusebio, dove non è arrivato Figo e neanche Rui Costa, la questione è prendersi la rivincita per quell’Europeo perso in casa incredibilmente contro la Grecia. La questione è regalare per la prima volta al suo popolo una soddisfazione. Un popolo portato alla malinconia, un popolo che negli ultimi anni ha sofferto per una crisi economica gravissima. Ronaldo ha vinto Champions League, Palloni d’oro, campionati nazionali. Ma in Spagna o in Inghilterra. Ma non ha mai donato una gioia a tutto il suo popolo. Alla sua terra. Alla sua gente. Ha vinto tantissimo ma sembra che questo titolo sia quello che desidera di più. Ma l’ultimo scoglio è il più difficile, contro la Francia che gioca in casa. A questa partita così importante, storica, per lui e per il Portogallo, invita la vedova e i figli di Stefano Borgonovo, il giocatore ucciso dalla SLA, malattia che colpisce molti calciatori. Cristiano Ronaldo sovvenziona generosamente la Fondazione creata dalla vedova dello sfortunato campione italiano. Perché dietro il bel sorriso, all’abbronzatura, Ronaldo ha anche un gran cuore. Facile con tutti quei soldi, si potrebbe pensare. Ma sarebbe ancora più facile fregarsene del resto del mondo e godersi solamente la vita e la fama. Il gesto è bellissimo.

L’inizio della finale fa pensare che il sogno del Portogallo non si potrà avverare mai. La Francia parte fortissimo, sembrano due squadre di categorie diverse. E poi succede quello che sembra chiudere la partita. Payet fa un’entrata orrenda sul suo ginocchio, l’arbitro non la sanziona neppure. Si capisce subito che è grave. Ronaldo piange, dal dolore e dalla rabbia. Quel sogno inseguito così tanto finisce, deve uscire. Entra Quaresma, figurati. Il Portogallo è poca cosa, senza la sua stella non è quasi nulla. Invece, stranamente, la sua uscita dà coraggio ai suoi compagni e fa spegnere la Francia.

Nel secondo tempo Ronaldo va in panchina a sostenere i suoi compagni. E li sostiene come un ultrà, si sbraccia, urla, dà indicazioni. Sembra il secondo allenatore. Stavolta non può essere lui il protagonista in campo, stavolta non è lui che può portare i compagni alla vittoria. Stavolta, per la prima volta, sono i compagni che devono vincere per lui. E i suoi compagni resistono, la Francia non sfonda, ma a un minuto dalla fine sembra che l’incubo stia per avverarsi: Gignac si libera in area e prende il palo pieno da un metro. A un centimetro dal baratro. Una sconfitta che sarebbe stata immeritata, i portoghesi tirano un sospiro di sollievo e si va ai supplementari. Ed è il Portogallo che a quel punto ha più coraggio, che ci prova di più, e la

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Cristiano Ronaldo ed Eder

stella, lì a bordocampo, sprona e incita i suoi compagni. Nonostante la lesione al tendine salta dal nervoso, prende a manate il suo allenatore, infonde coraggio a chi sta entrando. Tipo a Eder. Semisconosciuto attaccante legnoso. Lui gli dice che segnerà, che farà il goal della vittoria. Lui regalerà la Coppa ai portoghesi. Ed Eder segna. A cinque minuti dalla fine, a cinque minuti dai rigori, si libera come un campione e spara una bomba che si insacca nella porta transalpina. Le lacrime di rabbia e di dolore si trasformano in lacrime di gioia. Cristiano Ronaldo è incredulo, emozionato e, come mai prima, umano. Non è più solo il giocatore più rappresentativo, più conosciuto e più ricco. Si trasforma nel primo tifoso, nel trascinatore, nella guida, non può essere in campo ma è il riferimento per i suoi compagni. L’arbitro fischia la fine. Il Portogallo è campione. Ronaldo piange, abbraccia il primo che passa e poi tutti i suoi compagni. Un trofeo che sembra più suo di tutti quelli in cui è stato protagonista in campo. Un trofeo che sarà lui a tirare su. Urlando a squarciagola, godendo come non mai. Perché è stato decisivo, come Eder che ha segnato, come Quaresma, Renato Sanches, Rui Patricio (che ha parato tutto) e tutti gli altri che hanno sudato in campo. Perché questa volta non è stato solo il campione che, con le sue giocate, risolveva le partite, è stato il Capitano che ha dato la forza e il coraggio ai suoi compagni per realizzare il sogno di un’intera nazione. E dopo l’ammirazione (e l’invidia) si è finalmente guadagnato anche il rispetto, da parte di tutti gli amanti del calcio.

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@MassimoSilla_