Guerra, Capitalismo e Libertà: l’arte secondo Banksy
Non poteva che intitolarsi “Guerra, Capitalismo e Libertà “, la mostra della Fondazione Roma Museo di Palazzo Cipolla che, fino al 4 settembre 2016, ruoterà intorno a una delle figure più emblematiche ed oscure dell’arte contemporanea, l’artista che, con le sue opere dai toni ironici e dissacranti, ha contribuito a divulgare il verbo della Street Art nel mondo: Banksy.
Curato da Stefano Antonelli, Francesca Mezzano e Acoris Andipa e promosso dalla “Fondazione Terzo Pilastro–Italia e Mediterraneo“, il percorso espositivo include circa 150 capolavori del writer inglese, sculture, stencil e copertine di dischi, provenienti da collezioni private internazionali e sottoposti, per la prima volta, all’attenzione del pubblico, allo scopo di offrire una panoramica, il più possibile ampia ed esaustiva, sul linguaggio sperimentale dell’arte banksiana.
“La mostra è unica nel suo genere, anche per i temi che tratta: guerra, capitalismo e libertà, che sembrano essere le fonti primarie di ispirazione dell’arte di Banksy, connotata da una forte denuncia sociale, ma che sono anche i temi più attuali e urgenti del nostro presente” ha sottolineato Emmanuele F. M. Emanuele, presidente della “Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo”, una dichiarazione d’intenti che pone l’accento sull’importanza di “dare voce a una modalità di espressione come la street-art, che porta l’arte fuori dai musei e la riversa nei luoghi alla portata di tutti, rendendola parte del nostro vivere quotidiano”.
Ed è proprio nella fragilità dell’abbraccio dei due amanti di “Think Tank”- la storica copertina dell’omonimo album dei Blur disegnata, per l’occasione, dall’artista di Bristol-, nella brillantezza dei colori (resi volutamente accesi per rievocare, e al tempo stesso scardinare, le emozioni dello spettatore, in contemplazione di fronte alle serigrafie di Marilyn Monroe realizzate da Andy Warhol negli anni Settanta) del dipinto “Kate”, o nell’atto di protesta dell’eloquente modello del capitalismo americano della serigrafia “Napalm”, che riconosciamo l’umanità, l’ironia e la versatilità dell’arte di Banksy, un’arte che ci colpisce nel profondo, che denuncia, gioca di contrasti e non smette mai di stupire.
Ma un percorso espositivo coinvolgente e ricco di sfaccettature, come quello dedicato al writer inglese, non sarebbe tale senza i suoi cavalli di battaglia, le raffigurazioni che hanno colpito le ultime generazioni di appassionati d’arte per la loro originalità ed incisività. Tra queste, spiccano in “Guerra, Capitalismo e Libertà” le riproduzioni su tela dei topi “Love Rat” e “Lab Rat” (tematica cara allo street art inglese, perché “Se sei piccolo, insignificante e poco amato allora i topi sono il modello definitivo da seguire”), dell’iconico lanciatore di fiori di “Love is in the air” e della malinconica bimba di “Girl with ballon” che, insieme alle serigrafie delle scimmie di “Laugh Now But One Day I’ll Be in Charge”, rendono ancora più chiara la visione artistica di Banksy di fronte agli avvenimenti sociali e politici internazionali.
Ci si avvia verso l’uscita di “Guerra, Capitalismo e Libertà” soddisfatti ed appagati, ma con una frase che riecheggia nella mente: “If were Banksy” si legge su una grande lavagna appesa alla parete bianca, una domanda fatidica che ci porta a riflettere e a guardare da più angolazioni un fenomeno culturale che, piaccia o non piaccia, ha segnato, e segna tutt’ora, il punto di non ritorno per la storia dell’arte contemporanea.
Credits photo: Dario Lasagni
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