Il dopo Orlando e la battaglia ancora aperta per i diritti Lgbt
Ciò che è accaduto ad Orlando nella notte del 12 giugno ci ricorda che il riconoscimento dei diritti Lgbt è una questione ancora aperta. Questo crimine d’odio omofobo, che resta tale a prescindere dal fatto che il killer Omar Mateen avesse affermato, durante l’attacco al Pulse, di essere un soldato dell’Isis, ha colpito al cuore il mondo intero. Le ultime notizie confermerebbero l’ipotesi dell’omosessualità dell’attentatore e il suo odio verso la comunità gay portoricana, ma ciò non cambia la natura dell’atto. Il fatto è che questo tragico evento ha di nuovo rammentato, a quanti avessero dato per scontato il riconoscimento dei diritti Lgbt da parte della società, che l’uguaglianza dei diritti e l’accettazione della comunità Lgbt sono ancora lontane dalla loro piena affermazione, e che fenomeni di inspiegabile e atroce violenza accadono quotidianamente.
Mentre gli USA piangono ancora le vittime della strage di Orlando, il candidato repubblicano Trump ha strumentalizzato il tragico evento, trasformandolo in una succulente opportunità per demonizzare gli Americani musulmani e non ha esitato a sfruttare poi il fatto che la tragedia fosse avvenuta in un locale gay per dichiarare che lui farebbe di più della candidata democratica Clinton per difendere la comunità Lgbt americana. Ma è ben noto che dietro questa sua affermazione si cela una politica dichiaratamente razzista ed omofoba e che tra i suoi sostenitori si annoverano personalità che condannano l’omosessualità ed osteggiano apertamente il movimento Lgbt.
Dall’altre parte del mondo, la Turchia sta assistendo al rafforzamento di movimenti ultra-nazionalisti che stanno logorando progressivamente i diritti umani della nascente comunità Lgbt. Ad Istanbul, domenica scorsa, in seguito al diniego dell’autorizzazione per la celebrazione del Pride previsto per il 26 giugno, la polizia ha lanciato lacrimogeni e proiettili di gomma sui manifestanti che avevano deciso di protestare contro la decisione del governo, per quella che secondo loro era stata una “violazione della costituzione” contro il riconoscimento dei diritti Lgbt. Sebbene l’omosessualità non sia un crimine in Turchia, a differenza di molti altri Paesi musulmani, l’odio omofobo nei confronti della comunità Lgbt è purtroppo molto diffuso. Il Presidente Erdogan e il suo partito non hanno mostrato il minimo interesse nell’estendere i diritti a minoranze, gay e donne e sono intolleranti verso i dissidenti.
Per fortuna, più rassicurante è il sostegno del sindaco di Londra Sadiq Khan alla comunità Lgbt, che attraverso Twitter, con l’hashtag #lovewins, ha dato il via alle celebrazioni del Pride che si terrà sabato 25 giugno e ha scelto di rimpiazzare il tradizionale uomo verde dei semafori di Trafalgar Square con dei nuovi simboli Lgbt. In Italia, mentre la legge sulle Unioni civili è stata privata di alcune delle sue più significative componenti, i colori dell’arcobaleno sfilano, non senza polemiche, nelle strade delle maggiori città. Nel dopo Orlando dunque, l’omofobia non si è ancora spenta, ma nemmeno la battaglia all’insegna dell’amore portata avanti dalla comunità Lgbt di tutto il mondo.
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