Ni una menos, l’America Latina dice no alla violenza di genere
Mentre le cronache italiane sono drammaticamente piene di notizie di violenze verso le donne e femminicidi, dall’altra parte del mondo uomini e donne scendono in piazza per dire no alla violenza di genere. Il 3 giugno 2016 da questo punto di vista ha rappresentato una data importante per l’America Latina: il secondo appuntamento di una mobilitazione iniziata grazie a “Ni una menos” nel 2015, che ha portato nelle piazze di Argentina e Brasile migliaia di persone per dire basta alla violenza di genere.
I dati – sconcertanti – sul numero elevato di femminicidi nel continente latinoamericano, resi noti dalla Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL), che parlavano di 1.678 donne uccise nel 2014 per motivi di genere, avevano portato alla creazione, nel 2015, del movimento “Ni una menos” (Non una di meno), sorto in Argentina per combattere la violenza di genere. Lo slogan “Ni una menos” creato da un gruppo di giornaliste e attiviste è stato in seguito fatto proprio dalla società, che lo ha convertito in una campagna collettiva, che si è rapidamente inserita nell’agenda politica del paese. Il dibattito sui femminicidi, sugli stupri e sulle violenze domestiche portato avanti dai movimenti femministi nel Paese ha fatto sì che la protesta si estendesse, nel corso dei successivi 12 mesi, a tutto il continente latinoamericano, caratterizzato da profonde connotazioni patriarcali e machiste.
Sebbene le manifestazioni del 2015 abbiano segnato una svolta nella consapevolezza della società sulla necessità di lottare contro la violenza di genere e i femminicidi, la percentuale di questi ultimi non ha dato cenni di diminuzione. Secondo alcuni dati, anzi la media sarebbe di una donna uccisa ogni 31 ore in Argentina, per un totale di 1.800 morte dal 2008 al 2014. Le manifestazioni di giugno sono scaturite da due ennesimi tragici eventi: lo stupro di gruppo di una ragazza di 16 anni a Rio de Janeiro, il cui video è stato pubblicato sui social network ed accompagnato da commenti misogini e l’omicidio di una ragazza incinta di 14 anni, nella provincia di Santa Fe, il cui corpo è stato rinvenuto nel giardino di casa del suo fidanzato.
La giornalista argentina Ingrid Beck, appartenente al movimento “Ni una menos” ha affermato che “i femminicidi costituiscono l’ultimo anello, il punto più tragico di una catena di violenze, che sono parte della quotidianità” e che “la mobilitazione dello scorso 3 giugno ha prodotto un cambio nella percezione della violenza contro le donne”. Lo scopo della mobilitazione è quindi quello di dare vita ad un cambio culturale rispetto al ripudio della violenza di genere, che riguardi non soltanto l’agenda politica, ma anche i mezzi di comunicazione, le famiglie e le scuole.
Sappiamo bene quanto sia necessaria le realizzazione di questo cambio culturale non soltanto nel continente latinoamericano. Dati simili sulla violenza di genere e sui femminicidi in Europa e nel resto del mondo mostrano una situazione quanto mai allarmante, perché alti tassi di violenza nei confronti delle donne sono presenti anche in quei Paesi in cui la condizione della donna è migliore. La battaglia contro il machismo e la violenza di genere è quindi una battaglia globale: “Ni una menos”!
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