Il Teatro Patologico trionfa a Roma con Fosse
Lunedì 30 maggio 2016 alle ore 21, presso il Teatro Patologico sulla Cassia, è stata messa in scena una replica dello spettacolo Fosse, regia di Enrico Maria Carraro Moda, portato in scena dall’Associazione culturale ed artistica I nani inani. Gli attori sono Enrico Maria Carraro Moda, Federica Di Benedetto, Paola D’Uva, Marta Angelini. Ci sono un uomo, una donna, una panchina e due bicchieri. Questi due personaggi si amano, a modo loro, forse si sono sempre amati, e forse lo faranno per l’eternità, fino alla fine della vita. Colpisce la semplicità, l’ambientazione lugubre e cimiteriale. Le luci artificiali ricordano i fuochi fatui, i tramonti li possiamo solo immaginare attraverso la fantasia e, talvolta li vediamo riflessi negli occhi degli altri. Si possono percepire, a ragione, alcuni elementi mutuati dal teatro di Brecht e Beckett. I personaggi sembrano alienati da se stessi e dal resto del mondo, compiono gesti meccanici, reiterati, che sono sempre gli stessi, avvolti da una musica che è quasi una cantilena, che ripete lo stesso leitmotiv in una sorta di loop ossessivo, ridondante.
Gli attori della compagnia teatrale “I nani inani” sono convincenti e realistici, nella loro violenza e nella loro crudezza, priva di moralità. Il realismo spietato fa crollare del tutto i muri che dividono lo spettatore dal testo e dal palcoscenico. Sembra di essere lì, come parte integrante della scena. Dal punto di vista linguistico, si tratta di un italiano sub-standard, ricco di “parolacce” per intenderci, che descrive un’umanità borghese priva di umanità. Così la borghesia, rinchiusa pateticamente nei suoi gesti quotidiani e metodici, finisce intrappolata nelle sue piccole e misere certezze di una vita che non è vita. In fondo, si intravede qualcosa di perturbante, di pauroso, di sconosciuto. Vengono in mente “I racconti del mago Sabbiolino” di Hoffmann, tanto per restare in tema di perturbante freudiano. Dove l’ambiguità riempie ogni spazio scenico, dove viene indagato il significato profondo dell’essere automa. Tutto questo ha un fascino che spaventa.
Il Teatro Patologico è un progetto nato dalla mente di Dario D’Ambrosi, attore e regista, che ha recitato in Romanzo Criminale e nel celebre film di Mel Gibson, The Passion of the Christ. Dario ha creato questa particolarissima e unica corrente teatrale, all’inizio degli anni ’90, pensando così di poter aiutare tutte quelle persone affette da vari disturbi psichiatrici, della personalità, e diversamente abili. Dario, per capire appieno il significato dei disturbi psichiatrici, passò un periodo di tre mesi rinchiuso in un istituto di Milano. Quest’esperienza si rivelò per lui fondamentale. Attraverso la recitazione, gli attori del Teatro Patologico possono sentirsi parte integrante del mondo, e non ai margini di esso. La recitazione ha un fine terapeutico, un po’ come la musicoterapia, perché per essere attori bisogna avere il controllo del proprio corpo, intervenire sulla gestualità, sulla mimica facciale, sull’espressività dell’animo umano. In questo modo, tutti diventano padroni di se stessi, controllando i propri disturbi, tenendo a bada le proprie paure. E’ nata così la collaborazione preziosissima con l’Università di Tor Vergata, in un progetto terapeutico riconosciuto dal MIUR. All’esterno del Teatro, un poster, con sù scritto: “Io sono matto, e tu?”. Impossibile tenere a bada le emozioni.
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