Il Muro del Canto, sold-out al Teatro Vascello con “Fiore de niente”

Il Muro del CantoImmaginate che due treni, procedenti in direzioni opposte, si incontrino su binari paralleli: mentre entrambi decelerano, l’imprenditore in giacca e cravatta sul Frecciarossa incrocia lo sguardo con l’operaio del treno regionale; così, due mondi che non hanno mai condiviso nulla, convergono per pochi istanti. Se per esperimento si raggruppassero individui di ogni età e classe sociale in un unico convoglio ferroviario certo questo ospiterebbe un microcosmo tanto sfaccettato quanto il pubblico de Il Muro del Canto. Conscia del suo grandissimo potenziale d’aggregazione sociale, la band romana apre con questa suggestione narrativa il concerto del 28 maggio al Teatro Vascello: prima delle due serate dedicate alla presentazione del terzo album in studio, Fiore de Niente. Accompagnati dalla Piccola Orchestra popolare Daniele Coccia, Giancarlo Barbati, Alessandro Pieravanti, Eric Caldironi, Ludovico Lamarra e Alessandro Marinelli hanno proposto al pubblico l’ascolto integrale del nuovo disco in una veste sonora inedita.

Sala sold-out e una platea eterogenea: nonostante il viscerale legame con la Capitale Il Muro del Canto è uno di quei progetti in grado di far breccia con grande intensità anche oltre i confini del Grande Raccordo Anulare. Un folk-rock in rima, che sa leggere la realtà e restituirla in modo tanto autentico e vivido da risultare quasi palpabile. E infatti luoghi e personaggi scorrono davanti agli occhi come in un film, tanta è la forza visiva dei testi, amplificata dal ruolo catartico della musica. Con piglio da cantastorie la voce baritonale di Daniele Cocci guida il pubblico dalle radici (l’Ammazzasette) al presente della band romana. La melodia incalzante della fisarmonica di Alessandro Marinelli su Ciao Core apre la seconda parte del concerto, dedicata invece per intero a Fiore de Niente. Sullo sfondo sempre Roma, con le sue bellezze e bizzarrie, talvolta al limite del grottesco: un far west stanco e polveroso, teatro di soli vinti e sconfitti. Questi ultimi costantemente protagonisti: dalla title-track (Er succo der discorso è deprimente/Che hai faticato e nun te trovi niente) a Madonna delle Lame (Come na bestia rara m’hanno cacciato via/ E mo cortivo rabbia lontano da casa mia).

Il Muro del CantoStorie di amori, tradimenti, perdita, ma anche coscienza sociale, rigorosamente cantata in romanesco: sferza l’aria con rabbia Figli come noi, commovente inno contro gli abusi in divisa (La polizia carogna ed assassina/ Quei bei sorrisi non cancellerà/ E la faranno franca come sempre/ Godranno della vita in libertà). Niente sconti per nessuno, insomma. Abbandonata momentaneamente la forma-canzone è quindi la volta di veri e propri monologhi musicali con Domenica a pranzo da tu madre e Vivere alla Grande, perfetti esempi del doppio sguardo insito nei testi della band, ora ironico (Hai lavorato con impegno tutta la settimana/ te meriti de passà un sabato davvero da gran signora/ te vojo portà in un posto speciale: preparate che oggi annamo al centro commerciale), ora di struggente malinconia (Quand’ero regazzino e sur futuro mio me facevo le domande/ Non era così che mi immaginavo di vivere alla grande). Una narrazione in note che arriva immediata e senza filtri, vero punto di forza de Il Muro del Canto, che del contatto diretto col pubblico ha fatto il suo cavallo di battaglia. Dal vivo, la musica trascende sé stessa per farsi racconto vero e proprio, capace di reggersi su suggestioni eteree eppure vitali, pulsanti. Un inno ribelle che vuole essere senza tempo, eppure si lega fin troppo bene ad un presente in cui il grottesco si maschera, inosservato, da normalità. Non sorprende che Il Muro del Canto sia emerso in così breve tempo come un vero e proprio punto di riferimento della scena musicale romana (e nazionale). Anche nel niente può nascere un fiore.

 

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Twitter autore: @JoelleVanDyne_