Decessi di neonati: quattro agli arresti domiciliari, sei sospesi
Decessi di neonati, traumi e interruzioni di gravidanza non richieste, questi gli episodi verificatisi nel complesso ospedaliero “Bianchi-Malacrino-Morelli” di Reggio Calabria. La procura indaga e su richiesta del Gip sono stati imposti già i primi arresti domiciliari.
Soppressione, distruzione e occultamento di atti, interruzione di gravidanza senza consenso, falso ideologico e materiale. Queste le accuse mosse dalla Guardia di Finanza ad alcuni dipendenti degli “Ospedali riuniti” di Reggio Calabria. Il Gip Antonio Laganà, su richiesta della Procura, ha disposto la sospensione di un anno dalla professione per sei medici e un’ostetrica, mentre per altri quattro dipendenti sono stati disposti gli arresti domiciliari. Alcuni degli indagati oggi non operano più presso il presidio ospedaliero “Bianchi-Melacrino-Morelli”, ma gli altri continuano a lavorare nel reparto in cui sarebbero stati commessi i reati.
A portare all’arresto è stata l’inchiesta della Guardia di Finanza, intrapresa in seguito ai decessi di due neonati, che si è poi estesa ad altri episodi. Su un altro bambino sono state riscontrate lesioni irreversibili tanto da dichiararlo invalido al 100 percento a causa di manovre errate; sospette sono state anche le crisi epilettiche di una partoriente e le lesioni riportate nelle parti intime da altre pazienti. il procurato aborto di una donna non consenziente.
le indagini hanno coinvolto i reparti di Ostetricia, Ginecologia, Neonatologia e Anestesia che avrebbero fatto parte di un vero e proprio “sistema” di copertura circa errori durante interventi su singoli pazienti con il confezionamento di cartelle cliniche false per evitare responsabilità giudiziarie. Secondo l’accusa questo sistema di occultamento avrebbe coinvolto l’intero apparto sanitario. Ulteriori dettagli dell’operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa presso il comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria cui presenzierà il procuratore capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Cafiero de Raho.
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