La verità su Giulio Regeni
Dopo più di due mesi dal ritrovamento del corpo la vicenda di Giulio Regeni è ben lontana dal chiarirsi. L’imbarazzo italiano, o sarebbe meglio dire l’impietoso spettacolo, si accompagna a quello della Francia e dell’intera comunità Europea impelagata in una impasse al limite del disgustoso.
Da parte sua l’Egitto si è distinto in una messa in scena tale da portare il governo italiano a richiamare in patria l’ambasciatore al Cairo per consultazioni. Il minimo indispensabile per dirimere la matassa, dopo l’insabbiamento ormai divenuto palese, i tentativi di depistaggio e il caparbio rifiuto di collaborare con le autorità italiane in merito alla consegna di dati sensibili.
Lo sdegno multipartisan di politici e parlamentari europei ha segnato in questi giorni momenti di grottesca retorica. Dietro lo slogan “verità per Giulio Regeni“, quanto mai legittimo in questo momento, si accalcano professionisti della dichiarazione commossa e passarellieri sempre pronti a sfilare. Tuttavia ci sono verità che conosce soltanto la polvere. Gesti, urla e ombre che sono rimaste impresse sui muri, unici testimoni disposti a raccontarci come sono andate le cose ma sfortunatamente eterni muti. Noi non conosceremo mai la verità su Giulio Regeni.
Ma questo non significa che non la conosciamo già; o che smetteremo di cercarla. Sappiamo tutto quello che ci occorre sapere, e che, per chi non lo conosceva, è scritto nello sguardo di Giulio. Sono tante le fotografie comparse nelle ultime settimane, e a stento si è avuto il coraggio di guardarle; perché la commozione, gli occhi gonfi di lacrime e un terribile groppo alla gola sono sensazioni forti che ci inchiodano all’aria e ci costringono a riflettere. In quegli occhi e sorrisi di un ragazzo come gli altri sono scritte le speranze di tutti noi; magari sono proprio le stesse, sono la pretesa contro tutto e contro tutti di andare fino in fondo, di sobbarcarsi sulle spalle un peso che non saremmo tenuti a sostenere.
Parafrasando, guardando Giulio non ci resta che piangere. Non sono particolarmente affezionato agli slogan retorici del tipo Je suis chicchessia, ma bisogna ammettere che la sua scomparsa ci tocca nel profondo e sconvolge non solo i giovani italiani ma i giovani di tutto il mondo. Giulio non era un eroe, e non avrebbe voluto essere celebrato; ma noi ci troviamo egualmente a doverne fare a meno, a conoscerlo per la sua morte e confrontarci con un’esistenza che ignoriamo, con delle passioni che non conoscevamo, ma che improvvisamente hanno qualcosa da dirci: che sono state strappate.
Io lo confesso, trovo insostenibili le foto di Giulio, perché non riesco a resistere alla bontà del suo volto. A lungo le ho fuggite e ogni volta guardarle ha sortito lo stesso lacerante effetto: Giulio non era un eroe ma un ragazzo determinato, con sogni probabilmente grandiosi ma che faceva procedere a piccoli passi. Ma nemmeno questo è tollerato in un mondo orrendo, è bastato essere normale per essere cancellati.
Più di tanti, Giulio è uno come gli altri che non ha rinunciato a se stesso e ai suoi principi, a celarsi in una comoda indifferenza e tirare a spuntare il miglior risultato possibile. No, egli non ha desistito; e non ne è rimasto più nulla. Anzi, è rimasta la punta del naso, come ha commentato la madre – al cospetto del cui dolore inimmaginabile tutti, come minimo, dovremmo tacere e tentare un sorriso – costretta a vedere il modo in cui è finito il sogno che ella stessa ha generato.
È questa la fine che fanno i sogni, e a noi non basterà mai nessuna delle verità che potranno venire fuori. Chiunque siano i mandanti, i colpevoli e gli oscuri burattinai a noi importa certo scoprirlo; ma Giulio Regeni non è più solo un ragazzo normale che è stato ucciso, Giulio in sé sussume (come molti prima di lui rimasti anonimi) tutta l’umanità che non rinuncia, e non esiste verità che ne possa quietare la scomparsa.
È la cosa più dilaniante, ma è insieme la cosa più grande. Noi sappiamo già tutto quello che c’è da sapere, e guardando Giulio continueremo a piangere, perché scopriamo che prezzo abbiano verità e sogni; ma per fortuna piangeremo, per fortuna saremo ancora umani, per fortuna non rinunceremo. Per forza non rinunceremo; perché Giulio ha pagato speranze come le nostre, magari le stesse, e noi non potremo scordarlo. Potremo solo continuare a credere, perché Giulio, morendo, ci ha dimostrato che credere è necessario, che resistere è giusto.
Allora oggi più di ieri occorre dire che noi non siamo Giulio, perché Giulio ha sognato e ha pagato. Giulio ci strazia, perché è quello che dovremmo essere ma che non sempre abbiamo la forza, o il coraggio di essere.