Referendum popolare: astenersi è legittimo?
Referendum popolare e domenica di voto per gli italiani, un 17 aprile primaverile per esprimere la propria opinione sul comma 239 dell’Art.1 della Legge di stabilità in merito al rinnovo delle concessioni sulle trivellazioni petrolifere (approfondimento). Primo referendum popolare promosso dalle regioni che come ogni volta ha bisogno di raggiungere il quorum del 50% più uno dei votanti per essere dichiarato valido, ed è proprio su questo che si apre il tema più discusso nelle ultime ore: astenersi è legittimo? E se lo è, allora lo è sempre o solo in occasione dei referendum popolari?
Serrato il dibattito politico sull’argomento: da un lato le opinioni anti-voto del Presidente del Consiglio e del senatore emerito Giorgio Napolitano, entrambi contrari al referendum e promotori della legittima astensione; dall’altro i sostenitori del referendum, il Presidente della Corte Costituzionale Paolo Grossi, e tutti coloro che vedono nel voto, qualunque esso sia, una forma di partecipazione attiva alla vita politica e sociale del nostro Paese. Così, mentre Matteo Renzi appella i cittadini invocandoli a disertare le urne, ritenendo l’astensione «posizione sacrosanta e legittima»; la vera notizia diventa la concomitanza d’opinione tra lui e l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che definisce il referendum «consultazione pretestuosa» schierandosi alla destra del governo ma soprattutto contraddicendo il sé stesso del 2011, quando andare a votare ai referendum popolari per l’ex Capo dello Stato ancora rappresentava un «dovere morale». Fronte opposto invece quello dei promotori e non solo, infatti anche Paolo Grossi, Presidente della Corte Costituzionale, ha richiamato alla partecipazione, dichiarando che recarsi alle urne «significa essere pienamente cittadini, fa parte della carta d’identità del buon cittadino» e ancora che «si deve votare: ogni cittadino è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto. Ma credo si debba partecipare al voto».
Ora prescindendo dall’opinione di merito e ascoltati i due fronti, il tema torna al punto d’inizio: checché se ne pensi, che si sia a favore o contro il rinnovo delle concessioni di trivellazione petrolifera, votare è doveroso sempre? È giusto astenersi? Proviamo a leggere la Costituzione, art.48: «Il voto è personale, eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico». Questo dice la Carta e questo ci insegna qualsiasi costituzionalista. Votare è un diritto-dovere, un diritto di tutti e un dovere ibrido perché non ha contropartite sanzionatorie se lo si contravviene. L’assenza di sanzione tuttavia non toglie doverosità al voto e in ogni caso, checchè se ne dica, il referendum resta un’occasione di voto, tanto più il referendum popolare che è strumento di democrazia diretta, megafono sociale di opinione popolare. Nulla perciò rileva la presenza di un quorum, immaginato come termometro di partecipazione, strumento di rilevazione dell’interesse popolare rispetto al tema. Il quorum non attiene alla doverosità, un termometro misura e non ha nulla a che vedere con quel «dovere civico» che la Costituzione riserva a qualsiasi forma di consultazione, di voto e di partecipazione popolare. Invocare perciò la diserzione alle urne diventa un appello anticostituzionale contrario principi della Carta, ai suoi valori. Farlo è andare oltre la Carta. Tutto ció va ricordato e proiettato nel prossimo futuro quando, comunque vadano le cose, saremo chiamati a rivalutare di nuovo la questione, stavolta nella sua accezione più comica. Tutto assumerà irrimediabilmente il colore dell’ipocrisia laddove, con o senza termometro, ci sarà chi avrà il coraggio di usare queste stesse argomentazioni alle amministrative di giugno per chiamare il popolo in raccolta. Cosí, volgendo le parti in commedia, riaffiorerà la tesi di chi pensa, chissà se legittimamente, che la politica ha sempre l’odore delle convenienze.