Aborto, l’Europa denuncia l’Italia
Richiedere o praticare l’aborto in Italia è sempre stato molto difficile. Nonostante la Legge 194 esista da quarant’anni nel nostro ordinamento e consenta alle donne di scegliere se interrompere una gravidanza, la normativa non prende in considerazione il rifiuto dei medici. Dopo anni di denunce e battaglie, oggi ad accusare il governo italiano è il Consiglio d’Europa. Non solo è complicato chiedere ed ottenere un aborto nelle strutture pubbliche italiane, denuncia l’organo europeo accogliendo un ricorso della CGIL, ma i medici che non hanno scelto l’obiezione di coscienza e che quindi praticano l’aborto, trovano molte difficoltà lavorative. Dai dati raccolti dal sindacato e mai smentiti dal governo, i medici non obiettori, incontrano ‘diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti’: turni di lavoro, distribuzione degli incarichi e possibilità di carriera negate. L’Italia è quindi accusata di violare il diritto alla salute delle donne, che, di fatto, si vedono negato un diritto previsto dalla legge.
In Italia sono oltre il 70% i medici obiettori di coscienza (dati del ministero della salute) che non praticano l’aborto. Le strutture sul territorio in grado di praticare un aborto sono in continua diminuzione, sia per mancanza di fondi che di personale. Le agevolazioni riservate agli obiettori di coscienza sono denunciate da anni dalle associazioni mediche, dai sindacati o dalle associazioni femministe ma a tutt’oggi, il ministro della salute Beatrice Lorenzin, rispondendo a Strasburgo, si dice stupita di quanto denunciato dalla CGIL: ‘I dati sono vecchi, risalgono al 2013’ ribatte il ministro il cui senso del “vecchio” ha molto di personale. La situazione diviene ancor più grave alla luce delle pressioni che vengono fatte continuamente sui medici non obiettori: un medico che viene costantemente vessato solo perché vorrebbe rispettare la legge o la propria coscienza, è un medico che potrà svolgere il suo lavoro in tutta serenità?