«Un olio di origine naturale, che non presenta rischi per la salute – in una dieta bilanciata. È l’olio del frutto di palma». Chiunque abbia acceso una tv nelle ultime settimane non può non essersi imbattuto in questo spot, che gira dalla fine di febbraio su Mediaset e Rai. Prevedibilmente, la messa in onda della pubblicità promossa dall’Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile– che raggruppa alcuni tra i più importanti produttori di alimenti confezionati, tra cui Nestlé, Ferrero e Unilever – ha riacceso la polemica su quello che negli ultimi anni è diventato l’ingrediente più controverso del mercato. Il Movimento 5 Stelle, dopo aver annunciato un’interrogazione parlamentare per bloccare lo spot sulle reti del servizio pubblico, ha proposto di «indicare su tutti i prodotti alimentari contenenti olio di palma che l’assunzione eccessiva di quel prodotto può essere dannosa per la salute», come avviene per i pacchetti di sigarette.

Entrambe le proposte sono state bocciate, ma di olio di palma si continua e si continuerà a discutere, e non solo in Italia. Il Senato francese, infatti, ha recentemente approvato un emendamento proposto dai Verdi che prevede una tassazione supplementare per i prodotti contenenti olio di palma, ritenuti pericolosi per la salute e per l’ambiente. La lista delle accuse mosse all’olio di palma è lunghissima, almeno quanto quella dei prodotti – dalle merendine ai cibi pronti, fino ai cosmetici – di cui figura tra gli ingredienti. Per chi lo contesta è il male assoluto, per chi lo difende è un ottimo ingrediente che, se prodotto in maniera sostenibile, rappresenta la migliore soluzione dal punto di vista ambientale. Capire dove stia la verità non è facile, ma il primo passo è sicuramente quello di fare chiarezza sull’olio vegetale più usato al mondo.

Olio di palma: cos’è, chi lo produce e chi lo utilizza
L’olio di palma è un grasso vegetale, estratto per spremitura – e successivamente purificato tramite un processo chimico – dalle drupe, i frutti dell’albero di diverse varietà di palma.

olio di palma

Viene prodotto prevalentemente in Malesia e Indonesia, che coprono l’86% della produzione mondiale. Tra i principali importatori di olio di palma c’è l’Unione Europea e l’Italia è al secondo posto tra i Paesi europei che ne importano di più, circa il 2,4% del totale mondiale, corrispondente a 1.659.166 tonnellate.

L’olio di palma è impiegato in diversi settori, da quello cosmetico a quello bioenergetico, dai prodotti farmaceutici ai mangimi per animali, ma l’utilizzo più controverso è sicuramente quello alimentare. In Italia circa il 21% dell’olio importato è destinato a uso alimentare, di cui si stima l’11% sia impiegato nei prodotti dolciari. Ma perché le industrie alimentari lo utilizzano per produrre – tra l’altro – merendine e biscotti? La prima risposta è semplice: costa poco. Ma non basta: l’olio di palma viene impiegato perché permette di mantenere una consistenza morbida a lungo, senza irrancidire e senza alterare il gusto, poiché insapore.

L’olio di palma fa male alla salute?

olio di palma
Fonte: Istituto Superiore di Sanità

Questa risposta è meno semplice. Forse la risposta più giusta è: dipende. Innanzi tutto da quanto ne assumiamo. Ad oggi, non ci sono studi che dimostrino la maggiore pericolosità dell’olio di palma rispetto ad altri grassi dello stesso tipo e di per sé non è peggiore di altri ingredienti. Il problema, però, è costituito dall’alto tasso di grassi saturi, la cui percentuale si aggira intorno al 50% (45-55%). Poiché un abuso di grassi saturi può aumentare il rischi per il sistema cardiovascolare, è sconsigliato assumere quantità eccessive di prodotti che ne contengano un tasso elevato. Ma questo non vale solo per l’olio di palma. Di recente, anche l’Istituto Superiore di Sanità si è pronunciato in merito: «Non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l’olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi, quali, ad esempio, il burro».

Questo significa che possiamo mangiarlo senza alcun rischio? No, significa solo che l’olio di palma non è il male assoluto, anche se occorre ribadire, come fa l’IIS, «la necessità di contenere il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi», in particolare nelle fasce di popolazione più vulnerabili come «bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi».

Diverso è il caso dell’olio di palmisto – estratto dai semi del frutto e non dalla polpa – che ha un profilo nutrizionale decisamente peggiore e contiene addirittura il 90% di grassi saturi.

Quello nutrizionale, però, non è che uno degli aspetti controversi dell’olio di palma. Sul banco degli imputati, soprattutto, c’è l’elevato impatto ambientale delle coltivazioni delle palme da olio, accusate di essere la causa di una deforestazione selvaggia capace di minare la biodiversità dei Paesi produttori. La risposta – data da coltivatori e aziende utilizzatrici –  è quella di una produzione certificata come “sostenibile” (RSPO), ma la strada è ancora lunga e, secondo molti, potrebbe non essere sufficiente. 

Leggi anche: Olio di palma sostenibile: sul serio?

Twitter: @costipiccola

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