Allarme Unicef: 87 milioni di bambini conoscono solo la guerra

Unicef lancia l’allarme: oltre 86,7 milioni di bambini sotto i sette anni hanno vissuto la loro intera vita in zone di conflitto, con seri rischi non solo per la loro vita ma anche per il loro sviluppo cerebrale. Nei primi 7 anni di vita, infatti, il cervello di un bambino riesce ad attivare 1.000 cellule cerebrali ogni secondo. Le connessioni cerebrali sono come mattoni per il futuro dei piccoli, influenzano la salute, il benessere emotivo e le abilità per l’apprendimento. Le connessioni cerebrali dei bambini che vivono costantemente in zona di guerra, però, sono danneggiate a causa dei traumi estremi e per questo rischiano di vivere in uno stato di forte stress.

Spiega Pia Britto, responsabile Unicef per lo sviluppo della prima infanzia: «I bambini, oltre alle minacce fisiche che affrontano nell’immediato durante le crisi, sono anche a rischio di profonde cicatrici emotive». Secondo le stime del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, dalla Seconda Guerra Mondiale in poi oltre il 90% dei caduti nelle guerre sono civili e nella metà dei casi sono proprio bambini. I dati mostrano che a livello globale 1 bambino su 11 con meno di 6 anni cresce in situazioni di conflitto, con conseguenze drammatiche sul suo sviluppo cerebrale. «I conflitti tolgono ai bambini sicurezza, famiglie, amici, giochi, normalità. Tutte cose che fanno parte dell’infanzia che dà a un bambino la possibilità di svilupparsi pienamente e di imparare, che consente loro di contribuire all’economia e alla società e di costruire comunità forti e sicure dove possano diventare adulti», ha concluso Pia Bitto. «Per questo è necessario investire ancor di più sui bambini e su coloro che se ne prendono cura per ridare un senso di infanzia anche nel mezzo del conflitto».

Milioni di bambini e bambine crescono sotto l’incubo delle bombe e della morte, sono costretti a scappare dalle proprie case. Lasciano tutto, affetti, amici, scuola e la propria terra d’origine. Restano orfani dei genitori e finiscono per credere che esista solo l’odio, la violenza e la guerra. Spesso sono obbligati a combattere, imbracciando armi anche contro la loro volontà. Su questi dati e su quanto devono subire milioni di bambini in Paesi di guerra, è intervenuto anche il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, che ha denunciato, in un post su Facebook scritto il 27 marzo, la scarsa attenzione dei media sui bimbi uccisi in Pakistan e Iraq nelle stragi delle ultime ore: «Non lo dico polemicamente ma tra i bimbi uccisi ieri in Iraq mentre giocavano a calcio e quelli uccisi nel parco giochi a Lahore stasera imperversa su alcuni canali il dibattito tra vegetariani e carnivori».

Milioni di bambini in tutto il mondo non vedono che orrore, morte e disperazione. Ci sono ancora troppi conflitti nel mondo, dalla Somalia alla Siria, dal Sudan al Mali, solo per citarne alcuni. Molti altri Paesi, invece, sono a rischio di guerre come il Bangladesh e molti altri, come l’Europa, a rischio minacce terroristiche, per questo i governi hanno ancora moltissima strada da fare per i bambini se vogliono lasciare loro un futuro più sereno.

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