I Voucher e il nuovo precariato

Forse non tutti conoscono approfonditamente il sottobosco del mondo del lavoro che oggi è rappresentato dai Voucher. Può cambiare nome o forma, possono cambiare i governi e i Ministri del Lavoro ma in Italia il precariato non ha trovato ancora chi possa arginarlo. D’altro canto a certe tipologie di imprenditoria avere lavoratori mal pagati, sfruttati e senza garanzie conviene eccome. Con il Jobs Act e prima ancora con la riforma Fornero sono sparite decine di tipologie contrattuali che alimentavano il precariato, soprattutto quello giovanile. La riforma del lavoro firmata Renzi e Poletti, oltre ad aver declassato i contratti a tempo indeterminato inventando di sana pianta il concetto di “tutele crescenti”, ha anche trovato il modo di fornire alle imprese il mezzo con cui alimentare l’esercito dei precari: il Buono Lavoro, o Voucher.

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Cosa sono di preciso i Voucher? Sono dei buoni da 10€ lordi (7,50€ netti) che retribuiscono un’ora di lavoro. Il datore di lavoro li acquista presso l’Inps e li gira al dipendente che poi potrà riscuoterli negli uffici postali o in ricevitoria. La creazione dei Voucher è stata pensata per far emergere tutto quel lavoro in nero rappresentato principalmente dal lavoro domestico o dai lavori saltuari e sporadici. Uno strumento di facile utilizzo, conveniente a livello contributivo e veloce: niente contratti, niente contabilità, niente ferie o Tfr. Con il Jobs Act la situazione è un po’ cambiata. La riforma del lavoro renziana ha liberalizzato l’uso dei Voucher per qualsiasi categoria di lavoratore. Questo ha permesso di sostituire con i Voucher anche i contratti più semplici ma che comunque prevedono tutte le tutele dei CCNL. I contratti a tempo determinato da tre mesi, soprattutto in alcuni settori, sono stati sostituiti dal lavoro retribuito a Buoni Lavoro (lavoro accessorio). C’è comunque un limite a quanti Voucher possa percepire un unico lavoratore in un anno (7mila euro netti) e quanti può percepirne da un unico committente (2.020 euro). La definizione stessa di Lavoro Accessorio dovrebbe identificare i Voucher con uno strumento una tantum, per coprire piccole prestazioni lavorative come servizi domestici o gli innesti che servono alle strutture turistiche o ai ristoranti per coprire i turni dei weekend o nelle feste. Se si analizzano i numeri dei Voucher acquistati nel 2015, però, ci si rende conto che non si è affatto di fronte esclusivamente a Lavoro Accessorio.

 

Secondo un rapporto pubblicato qualche giorno fa dal Ministero del Lavoro e dall’Inps, nel 2015 sarebbero quasi 115 milioni i Voucher venduti. Una cifra che segna un incremento del 66,6% rispetto all’anno precedente. Di quelli acquistati, però, ne sono stati riscossi circa 88 milioni, i restanti vengono di solito restituiti e rimborsati. Restano le cifre che denotano un incremento costante dell’uso di questo strumento in modo inappropriato. Vogliamo davvero credere che nel 2015 siano state svolte 88 milioni di ore di Lavoro Accessorio? O vogliamo dire che quegli 88 milioni di Voucher sono stati riscossi per percepire lo stipendio di un lavoro “regolare” e non di certo saltuario? Sempre dal rapporto del Ministero del Lavoro si legge che quasi la metà dei Voucher venduti nel 2015 non sono classificabili, ovvero non è possibile identificare il settore lavorativo per il quale sono stati emessi. Questo può essere dovuto ad una criticità nella compilazione dei Buoni Lavoro o più semplicemente è un modo per “mascherare” l’utilizzo reale dei Voucher. Tolto questo dato, comunque rilevante, i settori in cui è più utilizzato questo strumento sono il commercio (14,9%), il turismo (14,4%) e i servizi (11,4%) mentre il lavoro domestico copre appena il 4% del totale.

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Questi dati non colgono totalmente di sorpresa gli addetti ai lavori. Già nel Maggio del 2015, Tito Boeri, presidente dell’Inps, si diceva preoccupato per la piega che avrebbero potuto prendere i Voucher definendoli come ‘la nuova frontiera del precariato’. Un dato a sostegno di ciò è rappresentato dal passaggio da una forma contrattualistica ad una retribuzione a Voucher. Nel 2015 -sempre secondo il report del ministero- il 7,9% dei lavoratori retribuiti con Voucher avevano avuto nei tre mesi precedenti la prestazione un rapporto di lavoro con lo stesso datore e il dato sale al 10% se si prende in considerazione un periodo di 6 mesi. In particolare, nel settore turistico (alberghi, ristoranti, bar ecc…) il 15% dei lavoratori dipendenti o parasubordinati, sono passati a Voucher. Un dato che dovrebbe allarmare perché spiega come i Buoni Lavoro, che non rappresentano una forma contrattualistica e che quindi non coprono nessuna garanzia, stanno sostituendo i contratti veri e propri.

Parlare di nuova frontiera del precariato è quindi non solo un allarmismo ma una triste realtà, soprattutto perché chi percepisce i Voucher, evidentemente, sono per lo più giovani sotto i 30 anni, ovvero la fascia più colpita dalla disoccupazione. Ancora una volta la risposta all’enorme inoccupazione giovanile non è dunque un vasto investimento sulle politiche del lavoro ma un incremento del precariato, riducendo un’intera generazione, ancora di più, ai soliti “lavoretti” senza tutele e senza prospettiva.

 

@g_gezzi

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