Nicolas Maduro, nemico pubblico numero uno
Nicolas Maduro è il nemico pubblico numero uno. Dopo il ribaltamento del kirchnerismo in Argentina e la demolizione mediatica di Lula in Brasile*1, il presidente del Venezuela resta il bersaglio principale delle destre latinoamericane e degli Stati Uniti.
La ragione è ovvia: Nicolas Maduro, erede di Ugo Chavez, è l’unico capo di stato latinoamericano (o almeno l’unico seduto su un bacino aurifero e petroliero non indifferente) ancora assolutamente determinato a continuare la costruzione del socialismo latinoamericano, in Venezuela nella sua accezione bolivariana. In termini geopolitici ben poco peso possono avere l’Ecuador di Correa, la Bolivia di Morales e il piccolo Uruguay. Il Venezuela invece è al centro degli interessi non solo statunitensi, ma reazionari in genere; per il semplice motivo che tiene accesa la speranza, che da solo può sobbarcarsi l’intero fardello dell’alternativa, libera dalla sudditanza rispetto agli USA, e indipendente dalle politiche del Fondo Monetario Internazionale.
È per questi motivi che il presidente Barack Obama, pochi giorni fa, ha prolungato di un altro anno le sanzioni contro il paese di Simon Bolivar. Un decreto che è stato subito stigmatizzato dal Presidente Nicolas Maduro come atto vendicativo e iniquo, alla cui base non c’è che un’offensiva geopolitica di carattere globale per restituire il Venezuela agli interessi imperialistici degli Stati Uniti e di oligarchie locali e internazionali. (Sul modello dell’Argentina di Macrì).
La “vendetta” venezuelana, sempre stando alle dichiarazioni di Maduro, consisterà nel dimostrarsi ancor più determinati nel perseguire il sogno di Ugo Chavez per la costruzione di uno stato Socialista che possa essere d’esempio per l’intera regione. Contestualmente, e dopo l’accordo economico con Pechino, il Presidente ha firmato la costituzione di una Banca Nazionale per il sostegno della piccola e media impresa, mettendo a disposizione un fondo di 230 milioni di dollari da destinare alla produzione di beni per i quali il Venezuela al momento dipende dalle importazioni (e che prevede quindi come obiettivo il risparmio di 800 milioni di dollari di beni importati).
Tutto questo mentre il parlamento, dopo ben 17 anni, alle ultime elezioni è passato a destra, e i partiti conservatori, stretti nella coalizione del MUD, si preparano, non senza dissapori e litigi, ad attaccare frontalmente il Presidente.
Poiché l’unico punto in agenda – in particolare dopo le esternazioni poco credibili in materia economica (privatizziamo tutto) e sociale (vendiamo tutte le case popolari) – sembra essere proprio la destituzione di Nicolas Maduro.
Le vie più accreditate continuano a essere il Referendum revocatorio (che prevede tempi un po’ lunghi e scontenta la parte più agguerrita della coalizione anti-chavista), la modifica della costituzione (per la quale comunque si potrebbe finire a un referendum se richiesto dal Tribunale Supremo di Giustizia), e in ultimo la piazza, quella piazza tanto inquinata che poco tempo fa fece parlare tutto il mondo di tentato golpe.
Note:
1: Sul caso Lula circola un’ipotesi piuttosto interessante, e cioè che il bombardamento mediatico contro l’ex presidente sia orchestrato per screditare la sua immagine in vista di una possibile candidatura alle prossime elezioni.
Fonti:
Aporrea, Prensa-Latina
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