8 Marzo, la ferocia sul palco e nelle nostre case
Il palcoscenico è condiviso con tutte quelle donne che affidano la regia della propria esistenza a terzi, a chi ne cavalca i sentimenti con l’abuso e la manipolazione: è Ferocia, lo spettacolo contro la violenza di genere scritto da Betta Cianchini, interprete accanto a Elisabetta De Vito e Lucia Bedìa, per la regia di Gabriela Leonori. In scena, una giovane donna innamorata, una professionista alto-borghese ed una madre. Tre vicende diverse che si incontrano in teatro e tra le mura “poco domestiche” di barbarie quotidiane. Tre protagoniste che vogliono raccontarsi, ricordare e scrollare la nostra attenzione. Novanta minuti per ricomporre con raziocinio i pezzi della dignità perduta, per risalire al debutto inafferrabile della propria deriva emotiva. “Ma come ho fatto a ridurmi così?“, la domanda che non dà pace alle donne maltrattate dai propri compagni.
Il quesito è ampliato alla platea. La risposta è nel confine labile tra la consapevolezza e l’assuefazione alla violenza di genere, un cancro capace di impregnare in modo trasversale età, educazione, condizioni economiche. È nella banalità del male delle battute sessiste fatte nelle strade di periferia. Ma anche camere da letto dei professionisti della “Roma Bene”, quando richieste sessuali “particolari” diventano imposizioni alle proprie compagne. È sulle prime pagine delle edicole di tutta la città, in cui la stampa si ostina a chiamare “dramma della gelosia” ciò che in realtà è solo tragedia della possessività, rimandando a non si sa quando l’abolizione della parola “amore” negli articoli urlati sul femminicidio. L’amore non è mortificazione dell’altro, la possessività non è accoglienza. E poi, com’è anacronistica la violenza di genere in un mondo in cui l’identità di genere sembra liberarsi del proprio ruolo: l’uomo non è solo una maschera di virilità, le “cose da femmine” non esistono. Esiste la femminilità, senza contemplare le iperboli delle streghe e del “sesso inutile”.
Ovunque, però, a Roma, sono anche centri d’ascolto che possono essere d’aiuto a chi cerca soccorso e una coscienza più lucida. Partners dello spettacolo Ferocia sono infatti Be Free, cooperativa sociale contro tratta, violenza e discriminazioni e CAM, primo progetto strutturato a Roma nella direzione del recupero degli uomini maltrattanti. Nel caso della messinscena di sabato cinque marzo, il palcoscenico è stato quello dell’Ex Dogana, spazio polifunzionale di San Lorenzo che vive la propria ricchezza nella contaminazione tra generi, tra dibattiti, mostre d’arte, concerti. Così, mentre nella sala d’ingresso iniziava la notte di dj set, molte ragazze si avvicinavano al palco, incuriosite dalla narrazione. Giovani donne che un giorno saranno fidanzate, mogli e madri di domani. Pochi, invece, i ragazzi, come spesso accade negli eventi di questo tipo, in cui le platee sono “rosa” al novanta per cento. E spiace. Visto che proprio loro saranno i fidanzati, i mariti e i padri di domani. Perché l’emergenza della violenza sulle donne non sia più un’emergenza, perché il nucleo familiare diventi spazio di confronto e non luogo di imposizione della propria forza, “Perché spettacoli come questo non vadano più in scena” – dice Betta Cianchini- dovremmo essere tutti spettatori. Uomini e donne, insieme, possono scrivere una nuova storia, fatta della stessa dignità e della medesima voglia e forza di vivere e creare. Senza streghe, senza sesso inutile. Senza ferocia.
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Autore: @EvaElisabetta