Sei Nazioni 2016: l’Italia perde anche con la Scozia
Mancano ancora due partite alla fine, ma questo Sei Nazioni 2016 può già essere definito fallimentare. La sconfitta con la Scozia di sabato probabilmente ci consegnerà l’undicesimo cucchiaio di legno della nostra storia. Da sempre lo scontro tra il rugby italico e la nazionale del cardo ha sancito di fatto l’ultima classificata del torneo e quest’anno non faceva eccezione. Il calendario ci era stato amico, sorteggiando lo Stadio Olimpico come teatro della sfida. E invece i ragazzi di Brunel hanno gettato al vento l’occasione di salvare, almeno in questo Sei Nazioni 2016, l’onore nazionale. La Scozia vince 36-20 e costringe l’Italrugby ad un improbabile miracolo nelle prossime due trasferte in Irlanda e Galles.
La cronaca. Una prima mezz’ora da incubo per gli azzurri. Quella vista all’Olimpico è stata un’Italia molle e deconcentrata nei placcaggi che per tutta la prima frazione ha osservato giocatori scozzesi arrivare da tutte le parti. Una groviera difensiva che ha generato due mete in 26’ per la nazionale del cardo, indirizzando fin da subito la gara. Prima della fine del primo tempo è arrivata come un salvagente la segnatura di Ghiraldini, che ha fissato sul 10-17 il risultato parziale. Salvagente probabilmente bucato, quello offerto dal giocatore azzurro, visto che il “man of the match” Laidlaw tra il 50’ e il 58’ piazzava due calci da sei punti che incanalavano il match verso Edimburgo. La reazione azzurra, è stata gagliarda ma eccessivamente confusa. In meta con Fuser e in superiorità numerica, l’Italia non ha approfittato del vantaggio offertogli dal direttore di gara, arrivando più volte a un passo dalla segnatura, con attacchi furiosi e prolungati ma troppo spesso frenetici e poco organizzati. Lo sfogo in campo di Parisse è stato tanto palese quanto esplicativo della confusione del XV azzurro. La meta finale di Seymour ha messo la pietra tombale sul match, lasciando nello sconforto un Olimpico ribollente di entusiasmo e regalando agli scozzesi la prima vittoria di questo Sei Nazioni 2016.
Le dichiarazioni nel post gara di Ghiraldini, Brunel e Parisse trasudano delusione: “E’ banale ripeterlo, – dice Ghiraldini – ma a questo livello non si possono regalare così tante punizioni e così tanti possessi. Peccato, perché eravamo ritornati sotto nel punteggio e la squadra girava, però poi non siamo riusciti a concretizzare”. Stesso tono per il capitano: “C’è grandissima delusione da parte di tutti, volevamo vincere. – ammette Parisse – Brava la Scozia, è stata più determinata e ha giocato meglio soprattutto nel primo tempo”. Infine l’analisi più giusta è quella del CT Brunel, che sottolinea come l’aver buttato l’inizio della partita ha segnato tutto il cammino nel match: “Ci sono stati tanti errori. Abbiamo subito quattordici punti all’inizio e siamo rimasti sempre indietro nel punteggio. Poi abbiamo avuto la possibilità di tornare nel punteggio, ma abbiamo avuto frenesia e tutti volevano fare meta senza organizzazione”.
Ormai da anni Italia Scozia è la partita tra i “poveri” del torneo di rugby più importante del mondo e questo Sei Nazioni 2016 non ha fatto eccezione. Le continue discussioni su un’estromissione degli azzurri da questo ristretto circolo rugbistico torneranno anche quest’anno. Da diciassette anni il Cinque Nazioni è passato al Sei Nazioni e per ben undici volte gli azzurri sono risultati i peggiori. La definizione dell’Italia come peggiore o squadra materasso del torneo è diventata un’abitudine, e il futuro non fa immaginare uno scenario diverso. Noi di LineaDiretta24 avevamo già trattato l’argomento, parlando di un obbligatorio bilancio che FIR e CONI avrebbero dovuto fare già alla fine dell’ultimo mondiale. Forse alla fine del ciclo Brunel verrà tirata una riga. Quel che è certo è che il rugby italiano non riesce ad uscire da una mentalità troppo dilettantistica rispetto ai nostri avversari. Manca quel salto di qualità verso il professionismo a 360°. La speranza è che prima possibile si faccia un tavolo serio tra Giovanni Malagò e Alfredo Gavazzi per dare un futuro ad uno sport che, ad oggi, non ne ha.