E’ bastato poco a Erick Tohir per comprendere in quale ginepraio si sia cacciato, poco più di due anni dall’acquisto dell’Inter, avvenuto al termine di una trattativa lunghissima. La società aveva colto grandi successi alla fine del decennio scorso raccogliendo finalmente i frutti degli imponenti sforzi economici di Massimo Moratti. Appartenente all’ormai tramontata romantica categoria dei presidenti tifosi e magnati, aggiustava conti sempre più tendenti al rosso con le proprie finanze personali.

Storia diversa, Tohir aveva altri piani ed ambizioni. Trasformare la sua creatura in una società in grado di generare profitti, valorizzare il marchio soprattutto a livello “internazionale” (nomen omen). Ha dovuto però affrontare difficoltà importanti, tra esigenze di bilancio e necessità di investire in una squadra che dopo i fasti del Treble 2010 necessitava di una rifondazione. Dopo una prima stagione tranquilla, in questa si è azzardato con acquisti importanti e dispendiosi, quasi sempre differendo il pagamento nella speranza di entrare in Champions League e di coprire in tal modo le spese. Ora tale traguardo sembra difficoltoso, la tagliola dei -30 milioni di passivo imposta dall’UEFA sembra difficile da rispettare (lo scorso anno fu -140) e Tohir si sta guardando intorno. Ha dato mandato alla Goldman Sachs di trovare nuovi partner in Asia, ma vaglierebbe anche offerte relative alla percentuale di maggioranza del club.

I tifosi intanto aspettano la sfida di domenica sul campo della tradizionale rivale Juventus nella speranza che da lì possa ripartire quella caccia al terzo posto che per tanti motivi sarebbe ossigeno dalle parti di Appiano Gentile.

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