Ork, un fil rouge tra modernità e storia del rock

OrkLa storia della musica pullula di supergruppi composti da membri di grandi band che, abbandonati i loro progetti principali, hanno dato vita a nuove formazioni, talvolta con risultati non sempre lusinghieri o all’altezza dei precedenti. I fatti sembrano smentire la convinzione diffusa che basti mettere insieme qualche grande nome per ottenere un prodotto musicale di successo. Come ogni regola che si rispetti, anche qui troviamo le dovute eccezioni: una di queste si chiama Ork, progetto che conta una formazione per metà tutta italiana, con Carmelo Pipitone (Marta sui Tubi) alla chitarra e Lorenzo Esposito Fornasari (Obake) alla voce e synth. Completano il quartetto due nomi che arrivano da veri e propri colossi della storia del prog: King Crimson e Porcupine Tree. Si tratta rispettivamente di Pat Mastellotto (batteria) e Colin Edwin (basso). Le premesse non possono che incuriosire: gli Ork racchiudono quattro background musicali incredibilmente variegati che si sono uniti e hanno scritto il primo capitolo della loro storia con il disco Inflamed Rides, presentato al pubblico romano sul palco del Quirinetta.

Dalla capacità di armonizzare tutte queste differenze interne nasce quello che è di fatto uno dei migliori debutti musicali dell’anno. Quello degli Ork è un progressive rock in chiave sperimentale dalle innumerevoli influenze (Tool, Primus, Pink Floyd, Faith No More, tra le tante) che dal vivo impressiona per il sound corposo, gli arrangiamenti curatissimi e l’incredibile sinergia tra i singoli componenti. Inflamed Rides si disvela al pubblico del Quirinetta nota dopo nota, con le sue sonorità psichedeliche, le atmosfere tetre e malinconiche e i riff elaborati, che pure non indulgono mai nel semplice esercizio di stile esibizionistico. I registri molto bassi utilizzati dalla chitarra di Carmelo Pipitone contribuiscono a caricare la musica degli Ork di elementi onirici oscuri e ammalianti, come nella migliore tradizione sonora tooliana. Mastellotto e Edwin portano dalla loro l’esperienza di chi ha contribuito a fare la storia della musica in prima persona, nonostante sul palco ogni differenza sia azzerata: l’intesa tra i componenti è altissima e la dedizione al suono totale.

OrkA legare il tutto la grande presenza scenica e la voce aggressiva e carismatica, alla Mike Patton, di Lorenzo Esposito Fornasari (Lef). Il progetto colpisce per la grande libertà espressiva, senza tuttavia sterzare mai su scelte troppo di nicchia, così da poter essere apprezzato da un pubblico più ampio e variegato. Avanguardia musicale tutt’altro che fine a sé stessa insomma, capace di dar vita a brani incredibilmente emozionanti come la suggestiva Pyre, che chiude la serata al Quirinetta. Cosmopoliti ed eterogenei, gli Ork rappresentano probabilmente uno dei progetti musicali più interessanti del momento per chi ha amato band quali King Crimson e Porcupine Tree. Ma non solo, perché il quartetto riesce a dar vita ad una proposta musicale fresca, originale, moderna che ha il suo punto di forza nelle differenze, umane e non, da cui la musica non può far altro che trarre beneficio.

 

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