Džeko, Rush ed i bomber allergici all’Italia

Džeko
Džeko soddisfatto

Džeko non segna mai. Džeko con Garcia aveva pochi palloni giocabili, con Spalletti ne avrà sicuramente di più. Džeko con Spalletti in effetti le palle da giocare le ha, ma contro il Verona fallisce quattro goal di cui due a porta vuota e la Roma pareggia. La Roma spallettiana troverà il modo di farlo rinascere. Si però nel mentre i giallorossi giocano una delle migliori partite dell’anno proprio senza Džeko, contro il Sassuolo, e ci si ricorda che la miglior Roma di Spalletti giocava senza un centravanti vero, con Totti falso-nove. Comincia a serpeggiare un pensiero tra i tifosi. Senza Džeko si gioca meglio. Eppure la sua avventura romana era partita benissimo. Accolto da eroe a Fiumicino, cosa che sembra non portare molto bene, quando si diventa eroi solo per aver sceso una scaletta dell’aereo ed aver ritirato il bagaglio  poi si fallisce clamorosamente, basti ricordare Cicinho ed Iturbe: il brasiliano ex Real passò dalla fascia alla bottiglia non giocando praticamente mai, Iturbe, del quale si ricorderà solo un goal nel derby, si è accasato al Bournemouth dove fa panchina, come a Roma. Torniamo al gigante bosniaco. Nella prima uscita stagionale all’Olimpico, amichevole con il Siviglia, segna dopo tre minuti, poi raddoppia e fa anche un assist. Finalmente la Roma ha il bomber che cercava? Sembra proprio di si, il goal, splendido, di testa, contro la Juventus alla seconda giornata sembra confermarlo. Poi non segna più, se non due volte su rigore. Si mangia goal a grappoli, in campionato come in Champions. La sua mira diviene via via più scadente ed i tifosi, gli avversari, ma persino i romanisti, cominciano a prenderlo in giro. Cominciano a chiamarlo Edin Cieco, viene creata un’immagine sui social, sfruttando la leggenda per la quale quando segna Ramsey muore qualcuno, che se segna Džeko muore Ramsey. Eppure un bomber Džeko lo è stato. In Germania, al Wolfsburg, ha vinto per due stagioni il titolo di capocannoniere, ha battuto il record tedesco di goal segnati in una stagione, che apparteneva ad un mito come Gerd Muller. Poi passò al Manchester City dove le cose sono andate non bene, ma benino, la sua media goal si è abbassata, ma a Roma si è inabissata con sole tre reti in 19 gare. Le discussioni tecniche da bar ricordano che nel Wolfsburg giocava diversamente, che ha bisogno di un modulo che prevede le due punte per esprimersi al meglio. Poi comunque all’inizio, anche se segnava poco giocava bene, ora gioca anche male, e si sta già facendo strada l’idea di cederlo a fine stagione. L’unica cosa positiva di questo inizio stagione è stata la nascita della figlia, nata proprio mentre la Roma batteva il Sassuolo. Nessuno mette in dubbio che sia un gran giocatore, ma forse a queste latitudini non riesce ad esprimersi. Non sarebbe il primo caso di campione all’estero e brocco solo in Italia, del resto.

 

DžekoIan Rush arrivò alla Juventus negli anni ’80 con fama di bomber di razza. Nel Liverpool aveva vinto, e segnato, tantissimo. Accolto dai tifosi bianconeri come un eroe che sarebbe stato capace di eguagliare la grandezza di Platini non lasciò traccia nel campionato italiano. 7 goal all’attivo, dei quali ben 5 al povero Pescara, avulso totalmente dal gioco, incapace di dialogare coi compagni, sia in campo che fuori, visto che non imparò mai l’italiano che parlò, o meglio, tentò di parlare solo nell’intervista prima dell’addio, forse per dimostrare che comunque ci aveva provato. Solo che il suo italiano è stentato ed incomprensibile, come non mancò di sottolineare la Gialappa’s in un memorabile video. Rush a Torino era triste, si dice a causa proprio della lingua, era isolato e riusciva a parlare solamente con Laudrup che parlava inglese. Ma il motivo principale, sembra, era sopratutto la mancanza del pub. Dopo una mesta stagione Boniperti lo rispedì a Liverpool, dove riprese a segnare ed a vincere. Era proprio l’Italia a fargli male visto che divenne anche il giocatore ad aver segnato più goal con la maglia della nazionale gallese.

Džeko
Bergkamp, l’olandese triste non-volante

Dennis Bergkamp venne acquistato dall’Inter come un sicuro campione. Con la maglia dell’Ajax aveva vinto e segnato, capocannoniere del campionato per ben tre volte. Appena arrivato all’Inter, a causa di un carattere molto chiuso si bloccò e non segnò neanche un goal per ben sei mesi. Ma l’Inter non poteva credere che quel fulgido campione che nella terra dei tulipani aveva fatto faville fosse così scarso, e lo confermò, e rifallì. Ma solo in campionato, nella Coppa Uefa, che l’Inter vinse, andò benissimo, diventando anche il capocannoniere della competizione, ma in Italia continuava a mandarla in curva invece che in porta. Ceduto poi all’Arsenal divenne uno dei giocatori migliori della storia dei Gunners. Era l’Italia a non fare per lui, il resto d’Europa si. Del mondo no in quanto Bergkamp aveva la fobia degli aerei, quindi evitava le trasferte più lunghe. Questa caratteristica gli valse il soprannome di Olandese-non-volante.

 

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Il Jardel arrotondato approdato in Italia

C’è poi un bomber che fu addirittura il più prolifico attaccante tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90: Mario Jardel. Due volte scarpa d’oro sia nel Porto che nello Sporting Lisbona ebbe una media goal mostruosa, superiore ad un goal a partita, ed anche nel Galatasaray segnò a raffica. In questo caso si inceppò per problemi personali, nello stesso anno non venne convocato dalla nazionale per i mondiali del 94 e la moglie lo lasciò. Entro quindi in una spirale negativa, divenne dipendente dalla cocaina e smise di segnare. E proprio allora venne in Italia. Con una gran panza approdò ad Ancona dove non segnò mai e giocò pochissimo. Il suo declino però non si interruppe lasciando l’Italia, non tornò mai più ai livelli precedenti e girò mezzo mondo, segnando ancora, ma mai più tanto come negli anni portoghesi. Ovviamente auguriamo a Džeko di riprendersi e mostrare il suo valore, e di non dar credito a quelle voci maligne che dicono che abbia chiamato la sua bambina Una per ricordare la sua unica rete su azione siglata fino ad ora.