Transgender e Olimpiadi: cambiano le regole (e la Storia)
L’accoppiata Olimpiadi e diritti LGBT negli ultimi anni non è stata certamente felice. Dai giochi di Sochi ai timori per il ripetersi a Pechino 2022 delle violenze già viste nel 2006, di Olimpiadi e tutela di omosessuali, bisessuali, lesbiche e transgender si è parlato soprattutto in negativo. Dal Comitato Olimpico Internazionale, però, stanno per arrivare nuove linee guida relative all’accesso degli atleti transgender alle competizioni. Linee guida che saranno adottate nelle prossime settimane e che sono già destinate a fare storia.
Finora, gli atleti MTF o FTM che volevano partecipare alle gare del genere diverso da quello biologico dovevano dimostrare l’avvenuto cambio di sesso e, quindi, sottoporsi all’operazione di riposizionamento genitale e a una cura ormonale della durata di almeno due anni. Pratiche molto invasive e rischiose, a cui molti transgender – pur nella piena consapevolezza della propria reale identità di genere – non vogliono sottoporsi. Era stato proprio il CIO, nel 2003, a stabilire queste norme. Norme che, oltretutto, non assicuravano la possibilità di partecipare ai giochi, ma che erano semplicemente un requisito preliminare affinché la propria richiesta fosse presa in considerazione. Ora tutto sta per cambiare. Le nuove direttive proposte al CIO dal “Consensus Meeting on Sex Reassignment and Hyperandrogenism“, che dovrebbero entrare in vigore già nelle prossime settimane, ridefiniscono i criteri per accedere ai giochi per i transgender, per assicurare che «gli atleti trans non siano esclusi dall’opportunità di partecipare alle competizioni sportive».
Per gli atleti female-to-male, l’accesso alle gare maschili sarà automatico, «senza alcuna restrizione». Per le atlete male-to-female, invece, ci saranno dei requisiti da rispettare, molto più equi di quelli attuali. Per gareggiare non sarà più necessario «certificare un concreto cambio anatomico»: «richiedere modifiche anatomiche chirurgiche come presupposto per la partecipazione non è necessario per preservare la concorrenza leale e possono essere in contrasto con la legislazione e con la nozione di diritti umani». È una decisione storica, rivoluzionaria. Niente più riassegnamento di sesso, per poter concorrere basterà dimostrare di avere un livello di testosterone inferiore ai 10 nanogrammi per litro per un periodo non inferiore ai dodici mesi nell’anno precedente alla prima competizione. Caso per caso, potranno essere stabiliti periodi superiori per minimizzare eventuali vantaggi.
Le linee guida sono state approvate dal board scientifico in novembre, non tanto sulla base di decisioni mediche quanto di cambiamenti sociali e politici. «È diventata una questione sociale molto più che in passato», ha detto all’Associated Press Arne Ljungqvist. «Abbiamo dovuto revisionare e guardare da una nuova angolazione. Dovevamo adattarci alle moderne legislazioni in tutto il mondo. Abbiamo sentito che non possiamo imporre un intervento chirurgico se questo non è più un requisito legale. […] Questi casi sono molto pochi, ma dovevamo dare una risposta. È un adattamento ai diritti umani. Si tratta di una questione importante». Ora la palla è nelle mani del CIO, che ha già discusso la proposta e dovrà approvare le linee guida, che dovrebbero diventare immediatamente operative. Rio 2016, quindi, potrebbe rappresentare un nuovo inizio per lo sport. Le Olimpiadi sono pronte, a quanto sembra. E noi?