Assolo di Laura Morante, alla conquista dell’autostima mai avuta

La prima curiosità che nasce al termine della proiezione di Assolo, è quanto vi sia di autobiografico nella sceneggiatura scritta, diretta ed interpretata da Laura Morante. Quanto, insomma, sia concesso pensare che la donna insicura e vulnerabile portata sul grande schermo col nome di Flavia, attinga alla reale quotidianità di una delle grandi signore nervose del cinema italiano. Seduttrice nella ritrosia della bellezza sinuose, schiva anche nella malìa dei suoi grandi occhi scuri, talvolta ansiosa per copione, la musa di Nanni Moretti torna al cinema con la sua seconda opera da regista dopo Ciliegine (2012).

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La risposta arriva proprio attraverso le parole della diretta interessata, mediata dai grandi occhiali da sole indossati in conferenza stampa: “Una volta il mio compagno mi fece credere che anziché trovarmi accanto a lui in Piazza Venezia a Roma, gli stessi parlando in realtà al telefono da chissà dove. Fu così convincente che io, con l’Altare della Patria alle spalle, per un attimo riuscii a credergli.” La risposta è che ogni donna è un po’ Flavia, qui assunta ad iperbole delle insicurezze di chi l’ha ideata e di tutte coloro che, con coscienza e quindi con timore, intente ad essere soggetto anelante e non solo oggetto di desiderio, ricamano sul proprio pentagramma un assolo che scandisca il loro passo nel mondo: afflitta da un’insicurezza patologica, la protagonista della commedia intraprende a cinquant’anni un accidentato percorso verso l’autonomia ed il recupero della propria autostima, trovandosi per la prima volta ad affrontare la sua vita da single dopo due matrimoni finiti, due figli ormai cresciuti ed un’ultima burrascosa relazione con un uomo sposato. Allegro ma non troppo, buffo al punto giusto, l’Assolo della Morante (“supportato da Daniele Costantini” ci tiene a precisare, aiuto regista e suo ex marito, ndr) si accorda ad un cast di attori impeccabilmente calzanti nei propri ruoli. Tra i nomi: Angela Finocchiaro, Marco Giallini, Carolina Crescentini, Francesco Pannofino, Antonello Fassari, Emanuele Grimalda, ma soprattutto la strepitosa Piera Degli Esposti che, nelle vesti della psicanalista Grunewald, scorta passo passo la cinquantenne nella ricerca della suo ruolo, in un palcoscenico di ventenni con manie di protagonismo. Sullo sfondo di una società per cui una donna a trent’anni è già considerata vecchia, l’introspezione psicologica si svela qui nei suoi aspetti più piacevoli, quelli che toccano le corde dell’onirico e della fiaba, sollevando il velo sugli incubi ricorrenti del gentil sesso, in una regia vivace, colorata e misurata dal ritmo cadenzato della grazia femminile.

“Perché dobbiamo far finta di essere forti?” si chiedeva la Morante nel 2004 alla fine del film L’amore è eterno finché dura di Carlo Verdone. Qui sembra voler precisare il concetto, raccontando che, se riconosciute e ben conosciute, le proprie vulnerabilità altro non sono che la strada per scovare il proprio significato nel mondo ed essere felici anche fuori dal coro. Per chi fosse interessato all’effetto terapeutico (garantito) del film, è in sala dal 5 gennaio.

 

 

Twitter: @EvaElisabetta