Coco Chanel, l’amore al ritmo della sofferenza
“Sappiate soffrire: sapendo soffrire, si soffre meno”, scriveva Anatole France ne Il delitto di Sylvestre Bonnard. Coco Chanel fu sicuramente una donna che riuscì a educare i suoi innumerevoli dolori favorendo in questo modo il senso del riscatto. La sofferenza e la solitudine furono grandi maestre di vita: conobbe il bene e il male e gli uomini in ognuna delle loro sfumature. Ma, soprattutto, sviluppò la consapevolezza di se stessa: come donna e come artista. Nel corso della sua lunga esistenza, fra trasgressioni e provocazioni, Coco Chanel fu piuttosto reticente circa la sua saga familiare. Alle domande degli indiscreti era solita rispondere di non aver mai mangiato nello stesso piatto dei genitori.
La sua infanzia la ricordava a memoria, e saltava fuori come un insieme di fotogrammi non rovinati dal tempo. La custodiva con gelosia, come racconta l’amica Claude Delay nel libro Chanel solitaire. C’era però una definizione che in particolare le riapriva vecchie ferite mai rimarginate, soprattutto se proferita in sua presenza: la condizione di orfana. E la possiamo immaginare Coco, nell’innocenza dei suoi dodici anni, e la possiamo ascoltare quando da adulta affermava: “Mi hanno portato via tutto e sono morta”. La madre, Jeanne Chanel, aveva la tubercolosi così come la sorella maggiore di Coco, Julia, morta dello stesso male materno. Da piccola l’aveva vista piangere più volte per l’assenza del padre. Ma finché Jeanne restò in vita, l’affascintante Albert Chanel tornò sempre a casa. Quando scomparve, Albert però non c’era. Ma del resto non era stato presente neanche il giorno della nascita della futura donna di successo. I passi del cavallo che ritorna a casa sarà un’immagine fissa nei suoi ricordi di bambina: quei passi rappresentavano il ricongiungimento con il suo primo amore, l’uomo che più di tutti avrebbe amato: il padre. “I miei genitori erano persone normali, in preda a passioni normali”: la coppia aveva avuto le prime due figlie, Gabrielle, chiamata “Coco”, e Julia, fuori dal matrimonio. Quando ne regolarizzarono la nascita sul certificato coniugale, gli sposi ebbero altri figli. Forse è proprio da questo esempio che lei in futuro avrebbe sempre dato precedenza all’amore e all’istinto, accantonando la ragione. Quando Jeanne fu stroncata dal male, Albert Chanel mise le figlie su un carretto: è qui che, nell’antico monastero di Obazine, si aprirono le porte dell’orfanotrofio. Non avrebbe più rivisto il suo adorato padre. L’abito regalatole a dodici anni, per la cerimonia della comunione, fu l’ultimo segno tangibile della sua presenza.
Contro questo senso dell’abbandono, questo grande abisso creato dalla mancanza d’amore , Coco lotterà per tutta la sua vita. Il suo desiderio di essere riconosciuta e ammirata non fu mai abbastanza sufficiente da poter rimediare al suo dolore. Incarcerato il suo cuore nella gabbia del ricordo infantile, sedurrà l’altro sesso senza mezzi termini. Grazie alla sua ribellione, negli abiti e nella vita, nasceva un nuova tipologia di donna: una donna libera da ogni genere e dallo stesso concetto di libertà. “Una donna che non è più amata non vale nulla. Non le resta che morire”. E sarebbe morta da sola, nella sua stanza, ma soltanto dopo essersi abbandonata totalmente all’amore. Nel 1904 Coco incontrò il suo primo amante Étienne de Balsan con cui rimase per sei anni. Ma il suo vero amore fu Boy Capel. I due non si sposarono a causa delle condizioni di classe differenti (lei era orfana, lui esponente dell’alta borghesia), nonostante ciò la loro relazione si protrasse fino al 1919: in questi anni ebbe modo di conoscere artisti molto importanti come Pablo Picasso e Igor Stravinsky con il quale nel 1921 intrattenne una frequentazione. Nel 1925 è il turno di Bendor, il duca di Westminster il quale disse di lei: “Ci sono state parecchie Duchesse di Westminster, ma c’è una sola Chanel”. Successivamente la passione esplose con l’amico di Cocteau, Paul Iribe. Si amarono fino al 1935, anno della morte di lui. Ma la tresca che più ha suscitato clamore è datata all’anno 1940: Coco si era trasferita al Ritz Hotel, all’epoca postazione dell’aviazione militare tedesca. E’ qui che avrebbe conosciuto il barone Hans Günter von Dincklage, un alto ufficiale delle Gestapo, e poi il giovane capo delle SS Walter Schellenberg.
Facendo riferimento alla documentazione francese, sembra che Dincklage abbia introdotto Coco nei servizi segreti nemici. Proprio in seguito al suo intervento, pare, la stilista riceverà l’incarico di fare da mediatrice con Winston Churchill: tentativo di ottenere una tregua con gli inglesi presenti sul territorio francese. Intorno a questa figura, capostipite della rivoluzione tutta al femminile, si rivela interessante la biografia offerta dalla scrittrice Lisa Chaney, Coco Chanel: An Intimate Life: l’intento è quello di mostrarne un’immagine quanto più completa possibile. Ad emergere sono una sua bollente e clandestina liaison con Salvator Dalì, che all’epoca era sposato; un uso smisurato di droghe e relazioni bisessuali. Tra le curiosità sappiamo che il soprannome “Coco” deriva da una canzone che Gabrielle cantava quando faceva la ballerina. E se poi non ne avete abbastanza di questa atmosfera romantica, interessante è il film del 2009 Coco Chanel & Igor Stravinsky (distribuito nello stesso anno di Coco avant Chanel – L’amore prima del mito): il film è ambientato nei ruggenti anni ’20 e illustra una ipotetica storia d’amore tra Coco e Igor. Del 2008 invece è la miniserie televisiva Coco Chanel: qui è descritto l’incontro con il primo amante Étienne de Balsan fino a quello con Boy Capel.
Coco Chanel, all’anagrafe Gabrielle Bonheur Chanel, l’ideatrice della donna del ventesimo secolo è nata a Saumur, nella Francia occidentale, il 19 agosto del 1883, ed è morta a Parigi il 10 gennaio del 1971 all’Hotel Ritz all’età di 87 anni: “Vedi, così si muore”.